E’ RESPONSABILE ANCHE IL PADRE DISATTENTO PER LA CADUTA DELLA FIGLIA IN PISCINA.
In un complesso sportivo con piscina, una bambina, nell’uso irregolare di uno scivolo, cadeva, riportando la perdita di un dente e la rottura di un altro dente. Il padre che aveva accompagnato la figlia agiva giudizialmente, citando in giudizio il titolare del complesso sportivo, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti dalla figlia a seguito della caduta avvenuta in uno scivolo d’acqua. In ambito penale il titolare della struttura era stato condannato per lesioni personali colpose e obbligato al pagamento di una provvisionale di 8mila euro, ma sosteneva che l’incidente era da ricondurre alla condotta impropria della bambina, la quale era caduta mentre stava risalendo in senso contrario lo scivolo sito nella piscina, ed alla disattenzione del padre. Il Tribunale riconosceva la responsabilità del titolare della struttura, oltre che quella del padre della bambina, e lo condannava al pagamento della somma di 8mila euro, peraltro già riconosciuta in sede di giudizio penale a titolo di provvisionale.La Corte d’Appello ridimensionava il danno portato a 4.300 euro, e ribadiva anche la pari responsabilità del titolare della struttura e del genitore della bambina.La Cassazione non riteneva in discussione il quantum del risarcimento stabilito in Appello, soprattutto perché correttamente era stata ridotta la percentuale di invalidità dal 4 al 3 %, in considerazione del fatto che tale invalidità tendeva ad assestarsi in riduzione col trascorrere del tempo, e comunque si faceva riferimento ad un danno limitato a due denti, uno dei quali danneggiato in parte. Per la responsabilità del genitore, la Cassazione osservava che il padre non era presente al momento dell’incidente capitato alla figlia, il fatto di accompagnare contemporaneamente tre figli minori, tutti bisognosi di controllo, in una struttura solo parzialmente custodita e potenzialmente fonte di pericolo, non poteva essere un elemento che sgravava il genitore di ogni responsabilità, anzi, al contrario, conferma la sua colpevolezza. La Corte rigettava quindi il ricorso. (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n. 13503 del 18.5.2021)
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