MOGLIE MALTRATTATA E UMILIATA: MARITO CONDANNATO, DOVRA’ RISARCIRLE I DANNI.
Un uomo veniva condannato per aver maltrattato, umiliato e percosso la moglie, ritenuto responsabile di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali ai danni della consorte. Dopo la decisione dei giudici di merito, l’uomo ricorreva in Cassazione e tentava di mettere in dubbio l’attendibilità della donna, soprattutto relativamente il complessivo regime di vita impostole nel corso della convivenza dal marito, sostenendo l’esistenza di sporadici litigi familiari e ponendo in rilievo il fatto che la persona offesa non avesse mai interrotto la convivenza col coniuge.La Cassazione non condivideva tale visione richiamando la valutazione di primo e secondo grado che teneva conto sia della intervenuta costituzione di parte civile della donna che delle modalità di denunzia dei fatti sin dalle prime segnalazioni al Servizio Sociale e della successiva condotta da lei tenuta nel corso del procedimento. Si faceva riferimento in particolare alla natura accondiscendente della donna per la soggezione nei confronti del marito, vista la sua posizione lavorativa di appartenente alle forze armate, e per la volontà di salvaguardare la sua famiglia. Non si poteva ritenere inattendibile quanto dichiarato dalla donna circa le violenze subite. Inoltre la donna, pur a distanza di anni dai fatti in contestazione, aveva riferito i numerosi episodi in maniera precisa, senza incorrere in contraddizioni, pur manifestando un forte turbamento emotivo nel ripercorrere la vicenda oggetto del giudizio. Inoltre, le dichiarazioni della donna erano supportate dalle testimonianze di amici e colleghi, nonché quelle degli insegnanti del figlio, quelle degli psicologi e degli assistenti sociali che hanno avuto in carico il nucleo familiare.Accertato il comportamento vessatorio tenuto dall’uomo nei confronti della moglie, consistito in continue umiliazioni verbali, schiaffi e percosse, costrizioni a rapporti sessuali non voluti, lancio di oggetti anche davanti ai figli minori per arrivare fino alla privazione della disponibilità delle proprie ricorse economiche, e aggiungendo poi che la donna era stata spesso costretta a rimanere in casa, o al contrario, a uscire contro la sua volontà. Anche per questo, secondo la Corte andava confermata la cifra di 15mila euro come risarcimento che l’uomo doveva versare alla moglie, rivelandosi decisivo il riferimento all’entità del patimento sofferto dalla donna nei molti anni in cui era stata sottoposta ad un clima di violenza e sopraffazione, venendo umiliata anche in presenza de figli minori, tanto da doversi rivolgere a specialisti per seguire un percorso psicologico.(Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 6074 del 16.2.2021)
0 commenti