DIRIGENTE COMUNALE E SINDACO MINACCIANO UN CARABINIERE DI RIFERIRE DEL SUO OPERATO AL PREFETTO: CONDANNATI
In un paese di una provincia pugliese, un dirigente comunale veniva fermato per strada da un carabiniere, vestito con l’uniforme di ordinanza, che gli chiedeva i documenti per provvedere alla sua identificazione. L’uomo reagiva violentemente, aggredendo verbalmente il carabiniere, ingiuriandolo ripetutamente e, infine, rivolgendogli la frase: “stai attento a quello che fai, perché stai solo abusando della divisa che indossi… adesso ti faccio vedere chi sono io!”.
Al dirigente si univa il sindaco, il quale si rivolgeva in malo modo al carabiniere: “tu non sai chi sono io; io sono il sindaco e tu non prendi i documenti da nessuno. Tu non sei in servizio e stai solo facendo abuso della divisa che indossi. Devi vergognarti e se non la smetti di farmi perdere tempo adesso ti arresto; sono nelle possibilità di farti arrestare perché stai abusando della divisa. Riferirò tutto al Prefetto e al Questore di come ti sei comportato. Stai scherzando col fuoco. Il tuo è un abuso e se non la finisci ti arresto. Arresto te e ho il potere di arrestare altri dieci carabinieri!”.
A fronte di tale ricostruzione, che si rivelava decisiva, Tribunale e Corte d’Appello condannavano entrambi per il reato di minaccia.
Il dirigente ed il sindaco ricorrevano in Cassazione, la quale però confermava per entrambi la condanna pronunciata dalla Corte d’Appello, ritenendo assolutamente corrette le valutazioni compiute dai giudici di merito, i quali avevano esplicitato il senso delle parole pronunciate dai due imputati, cioè che il carabiniere avrebbe dovuto temere il potere politico e le conoscenze personali da essi vantate, le parole pronunciate erano difatti inequivocabili, il dirigente comunale attribuiva al carabiniere l’indebito uso della divisa preannunciando azioni nei suoi confronti, dal contenuto vago e indistinto, ma non per questo indifferente per il diritto, facendo riferimento ad eventuali ritorsioni certamente illegittime, poiché il carabiniere non stava affatto abusando del suo ruolo, ma al contrario faceva solo il suo dovere.
Da escludere anche il tono disinvolto e il carattere scherzoso delle espression utilizzate dal sindaco, come aveva tentato di sostenere il suo difensore, al contrario, appunto, l’uomo non si era limitato a minacciare di arresto il carabiniere, ma aveva rappresentato la possibilità di far intervenire, contro di lui, un altro sindaco e un Prefetto, trovandosi chiaramente di fronte, una rappresentazione che non aveva nulla di scherzoso, ma, date le circostanze, prefigurava effettivamente interventi astiosi da attuare presso autorità superiori nei confronti del carabiniere e idonei, come tali, a turbarne la tranquillità. La posizione istituzionale del sindaco e le conoscenze altolocate da lui vantate costituivano mezzi certamente idonei a incutere il timore di rappresaglie, e ciò indipendentemente dal possesso della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria e del connesso potere di arresto.
La Corte dichiarava dunque inammissibile il ricorso, e la condanna dei due esponenti comunali veniva, invece, confermata.
(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 29111 del 21.10.2020)
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