SPARANO AD UN CAPRIOLO E LO CARICANO FERITO SULL’AUTO: CONDANNATI PER MALTRATTAMENTO DI ANIMALI
Nella zona di Aosta, due uomini venivano colti a cacciare in periodo non consentito, ed in seguito venivano accusati di maltrattamento di animali, poiché avevano cagionato una lesione ad un capriolo ferito da un colpo di arma da fuoco per poi rinchiuderlo ferito all’interno del cassone di un veicolo, con l’aggravante della morte dell’animale. Tribunale e Corte d’Appello ritenevano evidente la colpevolezza dei due uomini, che in secondo grado venivano puniti con quattro mesi di reclusione ciascuno. La Cassazione sosteneva la responsabilità penale dei due cacciatori, poiché, nel cassone del veicolo utilizzato dai due uomini e oggetto di controllo, erano stati trovati tre caprioli, di cui uno ancora vivo e scalciante. Alla luce delle condizioni degli animali si era dedotto che essi, poco prima, erano stati abbattuti con colpi di arma da fuoco. Logicamente, quindi, si era ritenuta accertata la responsabilità penale dei due cacciatori per il reato di maltrattamento di animali. Dando per acclarato il reato dichiarato prescritto di esercizio dell’attività venatoria in periodo non consentito, era incontestabile, il ferimento del capriolo, pur nell’esercizio dell’attività venatoria non consentita nel periodo in contestazione, costituisce condotta di maltrattamento, perché produttiva di lesioni senza necessità. Anche l’uccisione di un animale doveva avvenire senza infliggere ulteriori sofferenze non necessarie.
Si riteneva dunque acclarato il reato di maltrattamento di animali, poiché al capriolo era stata inflitta una non necessaria e inutile sofferenza conseguente alla mancata uccisione con un colpo di grazia che, se prontamente intervenuto, avrebbe impedito ulteriori sofferenze , avendolo rinchiuso, ancora in vita, all’interno del cassone del veicolo che lo trasportava, sottoponendolo a sevizie insopportabili.
Seppur sussistente la responsabilità penale dei due cacciatori, questi dovranno affrontare un nuovo processo d’Appello per vedere ridefinita la pena, poiché la Corte d’appello non aveva fornito motivazioni adeguate per la scelta della pena detentiva al posto di quella pecuniaria.
(Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 29816 del 27.10.2020)
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