L’OBBLIGO DI PROVVEDERE AL MANTENIMENTO DEI FIGLI VA COMMISURATO ALLE RISORSE ECONOMICHE DI ENTRAMBI I GENITORI
Un padre proponeva ricorso per la cessazione degli effetti civili del suo matrimonio domandando la riduzione a 1.000€ dell’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, fissato in precedenza a 3.000€, ed in particolare deduceva l’insorgenza di un glaucoma invalidante, tale da compromettere la sua capacità lavorativa di dentista, il Tribunale data la flessione della capacità reddituale del ricorrente dovuta alla cessazione dell’attività lavorativa di dentista, fissava il contributo da lui dovuto per il mantenimento dei figli in 1.900€. In secondo grado la Corte d’Appello di Bologna rideterminava l’assegno in 1.400€, ancora insoddisfatto il padre però proponeva ricorso per cassazione, lamentando il fatto che l’assegno di mantenimento per i figli fosse stato quantificato senza il rispetto del principio di proporzionalità, non avendo la Corte considerato la maggiore capacità economica dell’altro genitore. La Corte dichiarava fondato il motivo di ricorso, osservando come nella decisione impugnata sia del tutto assente il confronto tra i redditi dei due genitori, e richiamava l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, dopo la separazione personale, in sede di quantificazione dell’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario in vista del mantenimento dei figli minori, doveva essere osservato il principio di proporzionalità, il quale richiedeva un raffronto tra i redditi dei due genitori e la considerazione delle attuali esigenze dei figli e del tenore di vita da essi goduto, l’art. 155 c.c., nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individuava, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze dei figli, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza, i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti, nonché, appunto, le risorse economiche di entrambi i genitori.
Per questo motivo, la Corte di Cassazione annullava la decisione impugnata con rinvio al Giudice di seconde cure, con l’indicazione che si attenesse al principio ribadito.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 19299 del 16.9.2020)
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