NELL’AMBITO DELLA SEPARAZIONE LEGALE PER IL MANTENIMENTO VA TENUTO CONTO DEL TENORE DI VITA.
La controversia nasceva da una richiesta di separazione legale di un imprenditore, il quale secondo i giudici di merito era tenuto a versare alla sua ex moglie un contributo mensile per il mantenimento pari a €300,00. L’uomo non ci stava e ricorreva in Cassazione, con il quale contestava la pronuncia impugnata per aver fondato la debenza dell’assegno sulla prognosi relativa alle minori aspettative pensionistiche della sua ex rispetto alle proprie. La Cassazione chiariva che tale censura non superava il vaglio di ammissibilità poiché la Corte d’Appello aveva operato una valutazione comparativa complessiva delle capacità economiche e reddituali delle parti, completandole con un del tutto legittimo giudizio prognostico. Inoltre, l’imprenditore evidenziava che i giudici di merito avevano riconosciuto l’assegno di mantenimento sulla base della ritenuta disparità patrimoniale senza tenere conto che la ex moglie, avendo sempre lavorato, doveva ritenersi economicamente autosufficiente.
Per i Giudici, però la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, dunque i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio. La Suprema Corte rigettava il ricorso.
Cass. civ., sez. I, ord., n. 30119 del 22.11.2024
0 commenti