SENTENZA DEL GIORNO – 22.2.2024

da | Feb 22, 2024 | Uncategorized

STRAINING: QUANDO L’AMBIENTE DI LAVORO E’ STRESSOGENO.

La sentenza della Cassazione verteva sull’argomento del risarcimento del danno alla salute causato dalle condotte del datore di lavoro o dei suoi dipendenti e qualificabili, in via alternativa, come mobbing o come straining. In linea di principio, pur non sussistendo condotte del datore di lavoro qualificabili come mobbing che si ravvisano quando vi è una pluralità continuata di comportamenti dannosi interni al rapporto di lavoro e quello soggettivo dell’intendimento persecutorio nei confronti della vittima, è comunque qualificabile lo straining. Nel caso di specie la ricorrente aveva impugnato la sentenza con cui la Corte d’Appello di Bologna, confermando la decisione di primo grado del Tribunale, rigettava la domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in seguito a comportamenti vessatori asseritamente adottati nei suoi confronti dal personale del Ministero della Giustizia, presso il quale aveva prestato servizio con la qualifica di funzionario giudiziario. Tale decisione era stata presa anche alla luce delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che evidenziavano come vi fosse una correlazione tra l’ambiente di lavoro stressogeno e il seppur temporaneo aggravamento della malattia. Infatti, pur difettando i presupposti del mobbing, il giudice doveva comunque accertare l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per avere anche solo colposamente omesso di impedire che un ambiente di lavoro stressogeno provocasse un danno alla salute dei lavoratori. A prescindere dal fatto che il codice civile contempli o meno un’ipotesi di responsabilità oggettiva in capo al datore di lavoro per i danni subiti dai lavoratori a causa dell’esecuzione della prestazione lavorativa, la normativa lo onera però, di provare di aver adottato le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, tra tali misure rientrano anche quelle tese a rimuovere un clima lavorativo teso e caratterizzato da incomprensioni. La Corte accoglieva il ricorso del lavoratore.

Cass. civ., sez. lav., ord., n. 4279 del 16.2.2024

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