IL PADRE CHE NON CONDIVIDE E NON VUOLE PAGARE L’UNIVERSITA’ PRIVATA DELLA FIGLIA NON E’ OBBLIGATO A FARLO.
Nel caso di specie il padre, divorziato, era d’accordo che la figlia proseguisse la carriera accademica, ma non che si iscrivesse ad un’università privata: la Corte d’Appello era stata chiamata a pronunciarsi sulla congruità della commisurazione al 50% della partecipazione del padre alle spese straordinarie da sostenersi per la figlia, in ragione della frequenza da parte della stessa del corso di studi in economia presso un’Università privata, spese circoscritte al canone di locazione per l’alloggio e alle tasse universitarie. La Corte di merito, ravvisata la rispondenza della scelta all’interesse della figlia, in ragione del suo brillante percorso di studi e del progetto di vita sviluppato in ambito familiare, affermava che i genitori erano obbligati a concorrere alla relativa spesa secondo le proprie possibilità, che ha ritenuto sostanzialmente omogenee in ragione della attività lavorativa svolta da entrambi come insegnanti, rilevando che il padre non aveva sufficientemente dimostrato l’impossibilità di sostenere l’onere relativo al pagamento della metà delle spese straordinarie per il corso di studi universitari della figlia. La Cassazione non era d’accordo. Nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, è il giudice di merito a dover verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore, commisurando l’entità della spesa rispetto all’utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori, salvo che l’altro genitore non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso. Ferma ed incontestata la ricorrenza dell’interesse per la figlia a seguire il percorso universitario prescelto, la statuizione sulla commisurazione della partecipazione paterna e sulla relativa sostenibilità risulta essere fondata su una mera petizione di principio. In assenza di una concreta quantificazione – sia pure in linea di massima – delle spese straordinarie ritenute apprezzabili ed accoglibili (che la Corte di merito individuava solo per voci, non contestate, e non per presumibili esborsi), la valutazione sulla effettiva congruità delle commisurazione della quota delle stesse con le capacità reddituali del genitore che aveva prospettato la propria l’incapacità alle maggiori spese connesse alla frequenza della specifica università privata in questione, fuori sede – che notoriamente comporta costi complessivi più elevati di quelli a sopportarsi per l’università pubblica in sede – risultava svolta in termini astratti, senza che venisse in considerazione la possibilità per l’uno o per l’altro genitore di godere di sgravi o detrazioni fiscali o altro, atte ad alleggerire l’impegno economico e da considerare nella concreta determinazione. La Corte dunque cassava la sentenza.
Cass. civ., sez. I, ord., n. 15229 del 30.5.2023
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