ORA DI RELIGIONE A SCUOLA: SE I GENITORI NON SONO D’ACCORDO, CHI DECIDE?
I contrasti sulla frequentazione o meno dell’ora di religione da parte della figlia che frequentava la scuola elementare, portava i due genitori separati in Tribunale dove i giudici decidevano che la decisione dovesse essere presa dal padre, genitore non collocatario, il quale decideva per l’immediata iscrizione della minore all’attività didattica. La Corte d’Appello, in parziale riforma del decreto impugnato, tenuto conto del contesto familiare e del percorso già intrapreso dall’altra figlia, primogenita, della coppia, alla quale non era stata impartita un’educazione religiosa cattolica, aveva ritenuto, al contrario, di dover lasciare simile scelta alla madre, che decideva per non lasciare frequentare alla bambina l’ora di religione. La Corte aveva ritenuto che non spettasse al giudice sostituirsi ai genitori circa tale scelta, essendo le decisioni in materia di religione “insindacabili” e che dovesse, in caso di insanabile contrasto, essere adottata la soluzione più confacente all’interesse della minore, ovvero nel caso di specie quella proposta dalla madre.
La vicenda finiva in Cassazione dove i giudici ricordavano che nelle ipotesi di crisi familiare e di contrasto tra i genitori sul percorso scolastico dei figli, quale l’iscrizione o meno all’ora di religione nella scuola pubblica frequentata da un figlio minore, la decisione del giudice doveva essere indirizzata esclusivamente dal criterio-guida dell’interesse della minore, con necessità di verificare quale fosse l’impegno richiesto dall’iscrizione all’ora di religione in rapporto alla programmazione scolastica specifica della scuola primaria, pubblica, frequentata e quali fossero i suoi bisogni e non sulla base di pregresse scelte riguardanti la sorella maggiore. Ritenendo dunque che la Corte d’Appello avesse errato nel basare la decisione sul percorso già seguito dall’altra figlia, senza valutare invece l’interesse effettivo della bambina nella scelta in questione, la Corte accoglieva il ricorso del padre, cassava il decreto impugnato e rinviava alla Corte d’Appello per nuova decisione, tenendo conto dei principi richiamati.
Cass. civ., sez. I, ord., n. 6802 del 7.3.2023
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