DONNA DI 79 ANNI CONVINTA DALLA BANCA E DAL PROMOTORE FINANZIARIO A FARE INVESTIMENTI RISCHIOSI: PUO’ PARLARSI DI TRUFFA?
Una donna adiva, in qualità di erede, l’autorità giudiziaria convenendo in giudizio una banca ed il suo promotore finanziario per aver indotto senza rispettare i doveri informativi la madre di 79 anni, priva di alcun titolo di studio, ad effettuare investimenti rischiosi, rilevatisi poi del tutto sfavorevoli. La vicenda arrivava fino in Cassazione, sostenendo che la Banca e l’intermediario avessero omesso di fornire all’investitrice adeguate informazioni sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni dell’operazione e che i giudici di merito non avessero rilevato che, anche con riguardo ai pregressi investimenti, il promotore si fosse effettivamente reso inadempiente agli obblighi informativi prescritti. La Corte iniziava ricordando che in materia di intermediazione finanziaria gravava sull’intermediario provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta e, dunque, dimostrare di avere correttamente informato i clienti sulla natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione relativa ai titoli mobiliari oggetto di investimento, risultando irrilevante, al fine di andare esente da responsabilità, una valutazione di adeguatezza dell’operazione, posto che l’inosservanza dei doveri informativi da parte dell’intermediario è fattore di disorientamento dell’investitore, che condiziona le sue scelte di investimento. Non solo: vi è una presunzione di danno conseguente all’omissione di obblighi informativi al cliente ed è dunque la banca investitrice a dover dimostrare specificamente di aver ottemperato a tutti gli obblighi informativi prescritti dalla legge e dai regolamenti di settore. La Corte d’Appello aveva dunque errato nel limitarsi a considerare l’astratta adeguatezza dei proposti nuovi investimenti rispetto al livello di rischio già sostenuto dalla investitrice, dovendo invece valutare se la banca e l’intermediario avessero loro stessi dato prova di avere adeguatamente informato la cliente, in assenza di tale prova doveva invece presumersi che la cliente ne avesse riportato un danno risarcibile. La Corte dunque accoglieva il ricorso rinviando alla Corte d’Appello di Bologna per nuova decisione.
Cass. civ., sez. III, ord., n. 7288 del 13.3.2023
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