MADRE INCOSTANTE ED IMMATURA: CONFERMATO LO STATO DI ADOTTABILITA’ DELLA FIGLIA.
Protagonista della vicenda giudiziaria è una donna definita madre incostante, immatura ed, inoltre, affetta da un disturbo borderline della personalità. A fronte di tali valutazioni, i giudici di merito dichiaravano lo stato di adottabilità della figlia di 5 anni.
La donna non ci stava e ricorreva in Cassazione, sostenendo che non fosse stato provato lo stato di abbandono, in senso materiale e morale della figlia, che, secondo lei, aveva il diritto ad essere cresciuta ed educata nell’ambito della propria famiglia naturale. Con riferimento al disturbo borderline della personalità di cui era affetta, la madre aggiungeva che la storia familiare problematica di cui era portatrice non poteva, di per sé, essere sufficiente a fondare nei suoi confronti un giudizio di inidoneità nello svolgere il ruolo genitoriale. La Cassazione riteneva, però, le difese della donna poco convincenti, in quanto era stata accertata l’assenza di un favorevole segnale prognostico circa la possibilità per lei di costruzione o di recupero delle proprie competenze genitoriali. Inoltre, la storia personale di deprivazione materiale ed affettiva della donna le aveva impedito di accedere proficuamente ad un percorso terapeutico di sostegno alla genitorialità. La donna non aveva mai posto rimedio alla propria incostanza, immaturità, incapacità di reggere, in un periodo sufficientemente lungo, nell’osservanza di un serio tentativo di recupero dell’idoneità genitoriale. Al contrario, ella, ad esempio, era stata allontanata dalla comunità ove era ospitata insieme alla figlia, le era stato manifestato sostegno e soccorso dai servizi sociali, e lei aveva rifiutato tali aiuti, a riprova della sua incapacità di prendersi cura della figlia. Tutti i servizi coinvolti avevano profuso ogni risorsa ed ogni energia nel tentativo di recuperare le capacità genitoriali della donna ma senza successo, dovendo, dunque, considerarsi esclusivamente l’interesse prioritario della minore che aveva già operato un totale disinvestimento della relazione con la madre, avendo trovato altre diverse figure di riferimento. La Corte precisava, poi, che la scelta dell’adottabilità per tutelare la minore non si fondava sulla sua patologia psichiatrica, ma sulla sua rilevata incapacità genitoriale, pur a fronte dei numerosi sostegni a lei offerti in vista di un possibile recupero compatibile con le esigenze morali e materiali necessarie alla sana crescita della figlia. Per ciò che concerneva i legami della bambina con la madre biologica, andava evidenziato che la ripresa dei contatti con la madre biologica avrebbe attivato nella bambina sentimenti di precarietà e di provvisorietà, pregiudizievoli alla creazione di un sano e rassicurante legame di appartenenza alle figure genitoriali adottive e che avrebbero impedito anche il superamento delle difficoltà già affrontate per i trasferimenti di collocazione e per il mutamento delle figure di accudimento. Pertanto la Corte rigettava il ricorso della donna, confermando le decisioni dei giudici di merito.
Cass. civ., sez. I, ord., n. 33148 del 10.11.2022
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