IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA TARDIVA DIAGNOSI DELLA PATOLOGIA INFAUSTA DIPENDE DALL’ETÀ DEL PAZIENTE E DALL’ENTITÀ DEL RITARDO
La moglie e la figlia di un uomo deceduto per adenocarcinoma polmonare citavano in giudizio i medici per ottenere il risarcimento del danno per la tardiva diagnosi della malattia e per la violazione del diritto del congiunto di determinarsi liberamente nella scelta dei percorsi esistenziali in una condizione di vita affetta da patologia ad esito certamente infausto.
La Corte d’Appello, rideterminava in diminuzione la somma liquidata dal Tribunale.
Le due donne, dunque, ricorrevano per Cassazione.
La Suprema Corte, richiamando un principio diffuso in giurisprudenza, considerava tale profilo di danno autonomamente risarcibile.
Veniva evidenziato, tuttavia, coma la determinazione dell’ammontare dello stesso, spettasse però al giudice di merito, per mezzo di una liquidazione in via equitativa del danno ex art. 1226 c.c..
Liquidazione equitativa incentrata sul prudente apprezzamento del giudice di merito dei vari fattori di probabile incidenza sul caso concreto.
La Corte territoriale aveva correttamente argomentato la propria decisione sul rilievo per cui il danno da omessa tempestiva diagnosi non risultando previsto dalle note tabelle milanesi dovesse essere liquidato tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e cioè l’età del paziente al momento della morte, il periodo di ritardo tra il primo accertamento diagnostico, la diagnosi del tumore e il decesso e le condizioni generali di salute del paziente durante tale arco di tempo.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Cass. civ., sez. III, ord., 3 ottobre 2022, n. 28632
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