RIPARAZIONI INUTILI? SÌ ALLA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER IL CONSUMATORE.
Un uomo nel 2011 aveva acquistato un motociclo che, dopo poco, era risutato affetto da diverse problematiche che avevano cotretto il motociclista a ricorrere, in più di un’occassione, all’assistenza di officine convenzionate.
Nel 2014 il centauro cadeva rovinosamente dal mezzo a causa dell’improvvisa rottura del combio e, quindi, stanco dell’ennesimo difetto, decide di citare in giudizio la concessionaria che gli aveva venduto la moto, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento, la restituzione di quanto pagato, nonchè 7.000,00 euro a titolo risarcitorio. Il Tribunale accoglieva le sue domandee, mentre la Corte d’Appello, adìta dalla concessionaria, si era mostrata di opinione opposta. Secondo i Giudici di secondo grado, l’uomo aveva accettato le riparazioni, senza mai contestare alcunchè, manifestando, implicitamente, di preferire le riparazioni piuttosto che la sostituzione della motocicletta, che aveva trattenuto anche dopo l’ultimo incidente. Il motociclista ricorre dinanzi la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso. Gli Ermellini ricordano che nel Codice del Consumo, il legislatore ha previsto una gerarchia di rimedi a tutela del consumatore che può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni: a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro un termine congruo; c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore. Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto dimostrato che i vari tentativi di riparazione inizialmente compiuti non si erano rivelati idonei a porre rimedio al difetto di conformità riscontrato dal compratore che dunque aveva il diritto ad ottenere la risoluzione contratto, la restituzione del prezzo e il risarcimento per i danni subiti.
Cass. civ., sez. VI – 3, ord. 26 agosto 2022, n. 25417
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