COSTRINGE LA COMPAGNA A NON CHIUDERE LA LORO RELAZIONE: E’ VIOLENZA PRIVATA.
Un uomo non accettava la decisione della compagna di interrompere il loro legame, costringendola a non chiudere la loro relazione e a restare nella casa dove abitavano insieme, sia Tribunale che Corte d’Appello ritenevano palese l’inaccettabile condotta aggressiva tenuta nei confronti della compagna, mirata a non farsi lasciare dalla donna. Per i giudici era logico catalogare i comportamenti dell’uomo come vera e propria violenza privata nei confronti della donna.
Tale visione veniva contestata in Cassazione, sostenendo che il rapporto tra due persone non poteva essere imposto con violenza o con minaccia. L’uomo sosteneva altresì che il comportamento a lui attribuito, diretto a non farsi lasciare dalla compagna e a non interrompere la relazione tra loro, non era catalogabile come condotta coartatrice, in quanto il mantenimento di una relazione non poteva essere oggetto di imposizione, e dunque era impossibile accusarlo di violenza privata nei confronti della compagna.
La Corte non condivideva tale impostazione, evidenziando che l’elemento oggettivo del reato di violenza privata era costituito da una violenza o da una minaccia che avessero l’effetto di costringere taluno a fare, tollerare, od omettere una determinata cosa, e quindi anche la condotta violenta o minacciosa doveva atteggiarsi alla stregua di mezzo destinato a realizzare un evento ulteriore, ossia, la costrizione della vittima a fare, tollerare od omettere qualche cosa.
Nel caso di specie l’uomo aveva tenuto un comportamento intimidatorio concretizzatosi nella minaccia, anche di morte, rivolta alla compagna se quest’ultima avesse interrotto la loro relazione. Ma non solo: l’uomo aveva aggredito la donna anche fisicamente, facendola restare in casa con lui, cosa che era avvenuta fino a quando la donna non era riuscita ad invocare aiuto.
In conclusione, la condotta volta ad imporre un comportamento determinato alla compagna, ossia la prosecuzione della relazione e della convivenza, integrava il reato di violenza privata. La Corte rigettava il ricorso e confermava la condanna a 8 mesi di reclusione.
Cass. pen., sez. V, n. 20346 del 25.5.2022
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