Un uomo citava in giudizio la Banca di cui era cliente per vedersi riconosciuto il danno patito e il relativo risarcimento per i lunghi tempi necessari per l’accredito sul suo conto di un bonifico.
Solo in Appello, però, al cliente veniva riconosciuto il suo diritto a ricevere dall’istituto di credito 5000 euro a titolo di risarcimento del danno morale da lui subito per il ritardo nell’accredito sul suo conto corrente di una cifra superiore ai 250.000 euro. Veniva accertato, infatti, che il bonifico era stato ordinato a metà dicembre del 2013 ma era stato accreditato solamente il 23 gennaio 2014 sul conto intestato al cliente della banca (più di un mese dopo!).
Questa lunga attesa secondo i giudici aveva provocato nel correntista un evidente patema d’animo, da lui affrontato in quelle settimane d’attesa con notti insonni e l’utilizzo di psicofarmaci.
La Banca non concordava con la decisione presa dai giudici di secondo grado e ricorreva in Cassazione, provando a mettere in discussione il danno lamentato dal correntista, sostenendo che la valutazione compiuta in appello era fragile e opinabile, soprattutto perché si era desunta l’esistenza del danno non patrimoniale, cioè il patema d’animo, alla luce di due semplici elementi, cioè che il bonifico aveva ad oggetto una cospicua somma e che vi era stato un ritardo di circa un mese nell’accredito.
Ma i giudici, innanzitutto ricordavano che il danno morale andava inteso come sofferenza soggettiva, rappresentando una voce dell’ampia categoria del danno non patrimoniale e ben poteva derivare da un inadempimento contrattuale che pregiudicasse un diritto inviolabile della persona, doveva trattarsi di un danno da stress o da patema d’animo, la cui risarcibilità presupponeva la sussistenza di un pregiudizio sofferto dal titolare dell’interesse leso.
Nel caso di specie si era accertato che il ritardo nell’adempimento da parte della banca, avendo ad oggetto il ritardo nell’accredito di una grossa somma, aveva provocato al danneggiato notti insonni e la necessità di assumere psicofarmaci, dovendo considerarsi, quindi, evidente, l’esistenza del danno lamentato per il patema d’animo subito a causa della lentezza dell’istituto di credito nell’accreditargli ben 250.000 euro.
Essendo legittimo il diritto del correntista al risarcimento per 5000 euro, la Corte rigettava il ricorso.
Cass. civ., sez. I, sent., n. 24643 del 13.9.2021
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