Sì AL MANTENIMENTO PER LA FIGLIA 26ENNE CHE LASCIA IL LAVORO PER TORNARE A STUDIARE ALL’UNIVERSITA’.
Tribunale e Corte d’Appello concordavano sull’assegno di mantenimento mensile di 600 euro dovuto dal padre alla figlia maggiorenne non economicamente autosufficiente, oltre la partecipazione alle spese straordinarie per quattro quinti. Non concorde, l’uomo ricorreva in Cassazione, sostenendo che la figlia (26enne) aveva trovato occupazione presso un albergo, con uno stipendio mensile di 1.200 euro, oltre alla disponibilità di un alloggio gratuito nelle vicinanze e l’esiguità dell’impegno richiesto da tale occupazione le avrebbe consentito di proseguire gli studi presso la vicina Università, mentre invece lei aveva preferito l’iscrizione ad una Università distante centinaia di chilometri, la cui frequentazione aveva imposto l’abbandono dell’attività lavorativa.
La Cassazione non condivideva tale doglianza e confermava l’obbligo posto a carico dell’uomo di contribuire al mantenimento dell’unica figlia nata dal matrimonio, maggiorenne ma ancora impegnata negli studi universitari, sia con riferimento all’età che con riferimento alle aspirazioni lavorative, nonché all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica da parte della figlia, nonché l’impegno profuso nella ricerca di un’occupazione e, più in generale, la complessiva condotta personale tenuta dal momento del raggiungimento della maggiore età. Nel caso di specie, la figlia, dopo aver svolto per un breve periodo di tempo un’attività lavorativa, l’aveva abbandonata per trasferirsi in un’altra città e riprendere gli studi universitari, e secondo i giudici legittimamente le spettava il mantenimento data la sua giovane età e il fatto che l’impiego da lei trovato non corrispondeva alle sue aspirazioni professionali. Era dunque legittimo sostenere che il comportamento della figlia non costituisse sintomo di un ingiustificato rifiuto di rendersi economicamente indipendente, ma della volontà di impegnarsi attivamente per condurre a termine gli studi e trovare un’occupazione più confacente ai propri interessi.
Se era vero che il diritto del figlio al mantenimento, anche dopo il raggiungimento della maggiore età, non escludeva il suo dovere di adoperarsi per rendersi quanto prima economicamente autonomo, impegnandosi con profitto negli studi o nella formazione professionale ed attivandosi poi per il reperimento di un’occupazione adeguata alle proprie capacità ed alla propria specializzazione, nonché compatibile con le opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, era anche vero, però, che era compito dei genitori di assecondare, per quanto possibile, le inclinazioni naturali e le aspirazioni del figlio, consentendogli di orientare la sua istruzione in conformità dei suoi interessi e di cercare un’occupazione appropriata al suo livello sociale e culturale, anche mediante la somministrazione dei mezzi economici a tal fine necessari, senza forzarlo ad accettare soluzioni indesiderate.
La Corte confermava quindi il mantenimento dovuto dal padre alla figlia.
Cass. civ., sez. I, ord., n. 23318 del 23.8.2021
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