LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DELL’INSEGNANTE CHE NON INDOSSA LA MASCHERINA
Un’insegnante della scuola dell’infanzia presso la Provincia Autonoma di Trento impugnava il licenziamento disciplinare intimatole nel novembre 2020, in quanto durante il servizio scolastico, si era sistematicamente rifiutata di indossare la mascherina protettiva delle vie aeree, con rifiuti reiterati anche a fronte di formali richieste della preposta e di altre colleghe, oltre che disattendendo uno specifico ordine di servizio della Dirigente scolastica. L’insegnante sosteneva che la sanzione fosse illegittima e chiedeva l’annullamento del licenziamento, sostenendo che il suo datore di lavoro fosse stato superficiale, non prendendo in considerazione i gravi motivi di salute, derivanti da un sinistro stradale e consistenti in trauma toracico e contusioni polmonari che si sarebbero aggravati dal persistente utilizzo della mascherina. L’Ente scolastico si difendeva in giudizio evidenziando come il medico competente che l’aveva visitata nell’agosto 2020 l’avesse ritenuta idonea allo svolgimento di mansioni a contatto con bambini, con la specifica raccomandazione di un uso regolare della mascherina tipo FFP2 al posto della chirurgica e che tale giudizio non era stato criticato nelle opportune sedi dall’insegnante.
Il Tribunale di Trento appurato il mancato utilizzo della mascherina da parte dell’insegnante, evidenziava la normativa vigente la quale prevedeva per tutti i lavoratori e i volontari, sanitari e no, che nello svolgimento della loro attività fossero oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, erano considerati dispositivi di protezione individuale le mascherine chirurgiche e che per giurisprudenza di legittimità il persistente rifiuto da parte del lavoratore di indossare tali dispositivi di protezione giustificava la sanzione del licenziamento.
Nel caso di specie il licenziamento dell’insegnante era legittimo, in quanto la stessa non aveva prodotto documentazione medica attestante la sua impossibilità ad indossare la mascherina protettiva, il Tribunale riscontrava, inoltre, la contraddittorietà dell’assunto posto a fondamento del ricorso con quanto sostenuto in sede di audizione disciplinare dalla ricorrente, che aveva affermato come la decisione di non indossare la mascherina non dovesse ritenersi disobbedienza alle regole imposte, bensì obiezione di coscienza.
La condotta dell’insegnante integrava, quindi, la giusta causa di licenziamento, data la gravità della pandemia in corso, particolarmente preoccupante nel periodo in cui il rifiuto era stato reiterato, nonché la normativa nazionale e Provinciale che imponeva al personale educativo di indossare la mascherina durante lo svolgimento di attività didattica, il Tribunale riteneva che il comportamento della ricorrente fosse grave, sia dal punto di vista oggettivo (evidenziando la delicatezza della mansioni, implicanti un elevato grado di affidamento, avendo come destinatari bambini piccoli), sia dal punto di vista soggettivo, avendo la docente anteposto all’interesse generale proprie convinzioni personali che non trovano fondamento in conoscenze scientifiche comprovate.
Il Tribunale respingeva quindi il ricorso dell’insegnante.
Trib. Trento, sez. lav., sent., 8.7.2021
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