L’AZIENDA NON SEGNALA ALLA CLINETE I CONSUMI ANOMALI: CONDANNATA A RISARCIRLA.
Una donna si trovava a pagare una cifra molto alta per un anomalo consumo di acqua potabile. La donna citava in giudizio la società esercente il locale servizio idrico e chiedeva il risarcimento dei danni subiti, ponendo in evidenza l’inadempimento dell’azienda, ossia la mancata segnalazione di consumi anomali, frutto di una perdita occulta nell’impianto.
Il Giudice di pace e il Tribunale condannavano la società a risarcire alla cliente 3.312,00 euro. La società ricorreva in Cassazione e attraverso i suoi legali contestava la visione tracciata in secondo grado, ritenendo non ravvisabile alcun obbligo a carico dell’azienda, alla luce del contratto di somministrazione di acqua potabile, con riguardo all’ipotesi di una perdita occulta nell’impianto idrico del cliente con conseguenti rilevanti consumi anomali.
La Cassazione non si lasciava però convincere da tale tesi difensiva, condividendo invece la visione del Tribunale, più precisamente, preso atto degli obblighi di correttezza e buonafede gravanti sulle parti del contratto di somministrazione idrica, il semplice invio di una fattura commerciale relativa ai consumi anomali registrati, a distanza di oltre due mesi dalla loro rilevazione e senza alcuna espressa segnalazione del loro carattere anomalo non consentiva di ritenere correttamente adempiuto l’obbligo comunicativo previsto per l’azienda fornitrice in materia di ricostruzione dei consumi a seguito di perdite occulte, poiché la società doveva fare ricorso a modalità idonee a consentire al cliente di avere pronta contezza dell’anomalia nel consumo, in modo da potersi tempestivamente attivare per evitare l’aggravarsi del danno provocato dalla eventuale perdita occulta. L’adempimento o meno del cliente al suo onere di verificare il regolare funzionamento dell’impianto e del contatore, nonché di effettuare la cosiddetta autolettura non bastava ad escludere l’inadempimento dell’azienda al proprio obbligo di segnalazione dei consumi anomali.
E’ dunque più che legittimo il diritto della cliente a ottenere dall’azienda il risarcimento del danno subito. La Corte rigettava dunque il ricorso della società.
Cass. civ., sez. III, ord., n. 24904 del 15.9.2021
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