MOGLIE LAUREATA E LAVORATRICE PART-TIME: NO ALL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Così confermava la Cassazione con riferimento alla vicenda giudiziaria che aveva come protagonista una donna, laureata e che nonostante i figli fossero maggiorenni, si ostinava a mantenere il lavoro part-time, con stipendio ridotto. I giudici di merito avevano, in sede di separazione, assegnato la casa coniugale alla donna, che lì doveva vivere coi figli, sancendo l’obbligo dell’uomo di corrispondere alla moglie la somma di 400 euro per ogni figlio a titolo di concorso al loro mantenimento, mentre rigettava la richiesta mirata all’ottenimento di un assegno di separazione. A nulla era valso il ricorso in Cassazione, la Corte infatti confermava il rigetto della richiesta dell’assegno di mantenimento per la donna, in quanto la stessa non si era adoperata per migliorare la propria situazione professionale e, quindi, la propria posizione economica. Irrilevante il riferimento fatto dalla donna alla eredità ricevuta dal marito a seguito della morte del genitore. Soprattutto perché il coniuge che richiede l’assegno di mantenimento è gravato dall’onere di dimostrare che la situazione in cui versa non sia ascrivibile a sua colpa, in modo che rimanga escluso che, pur potendo, non si sia doverosamente adoperato per reperire un impiego o per migliorare la propria occupazione lavorativa retribuita in maniera confacente alle sue attitudini e alle sue capacità. Nel caso di specie la donna si trovava proprio in queste condizioni di colpa, perché si avvaleva ancora di un orario lavorativo parziale e con stipendio ridotto, pur avendo conseguito una laurea nel 2012 e malgrado i figli fossero oramai divenuti maggiorenni, e già durante il matrimonio non si era maggiormente proiettata nella realtà lavorativa. Per la Corte, però, restava ancora aperto il fronte relativo al mantenimento dei figli della coppia, la richiesta dalla donna con riferimento a ciò, mirata a vedere incrementato il contributo a carico del marito, soprattutto alla luce dell’eredità ricevuta dall’uomo a seguito della morte del genitore non poteva rigettarsi. Nella determinazione del contributo al mantenimento dei figli, infatti, non è affatto indifferente il variare delle condizioni reddituali e patrimoniali dei genitori, poiché a queste va direttamente ragguagliata l’entità del mantenimento, così da assicurare ai figli, per quanto possibile e anche in regime di separazione, un tenore di vita proporzionato alle possibilità economiche della famiglia La Corte dunque rinviava alla Corte d’appello per nuova decisione, al fine di parametrare il contributo al mantenimento dei figli riguardo a queste nuove condizioni.
Cass. civ., sez. I, ord., n. 5242 del 28.2.2024
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