DIAGNOSTICANO ERRONEAMENTE PROBLEMI PSICHICI AD UN BAMBINO CON UN EVIDENTE PROBLEMA ALL’UDITO: E’ DOVUTO IL RISARCIMENTO DEL DANNO.
La vicenda traeva origine, oltre vent’anni fa, da un errore medico per il quale un bambino di appena un anno veniva ritenuto per anni con problemi psichici e che poi si era invece scoperto avere solo un evidente problema all’udito, peraltro risolvibile con una semplice protesi. La vicenda era chiara: su consiglio del pediatra il bimbo era stato sottoposto ad accertamenti relativi alle capacità uditive, tuttavia il Centro considerava l’udito “nella norma”, nonostante ciò il bambino continuava a mostrare evidenti difficoltà nel linguaggio, a seguito di altri accertamenti l’ASL certificava un handicap del bambino, con tanto di un test per la misura del quoziente intellettivo e dell’abilità cognitiva, particolarmente adatto per bambini ed adolescenti con ritardo cognitivo e con disturbi verbali. Il caso dunque è così sintetizzabile: il bambino era afflitto da sordità sin dalla nascita, ma tale circostanza non era emersa che dopo oltre i suoi sei anni di vita. Scoperto l’errore il bambino ha potuto intraprendere il giusto percorso in relazione all’invalidità da cui era affetto, mediante l’ausilio di apparecchi acustici che gli hanno consentito di migliorare la propria situazione ma restava la gravità della negligenza dei medici che avevano purtroppo determinato una trattazione del bambino come un soggetto affetto da un disturbo di natura mentale. Per il legale che assisteva la famiglia quindi non vi erano dubbi sul fatto che vi fossero state ripercussioni subite per anni dal bambino e dai suoi genitori, e che a suoi dire giustificavano la richiesta di un risarcimento superiore ai 400.000 euro. I Giudici del Tribunale ritenevano sussistente il danno derivante dalla ritardata diagnosi di sordità, con conseguente risarcimento fissato in circa 72.000 euro. Inoltre veniva riconosciuto anche il danno morale ed esistenziale lamentato dalla madre del bambino, e risarcito con 20.000 euro, in quanto la stessa ha dovuto assistere per sei anni alla triste condizione del figlio, che, a meno di un anno di vita, presentava oggettive criticità nella crescita, che potevano essere agevolmente risolte con una tempestiva diagnosi e con una protesi, che avrebbe agevolato lo sviluppo del linguaggio e la capacità di apprendimento, obbiettivamente risultati compromessi.
Trib. Firenze, sez. II, sentenza del 30.12.2023
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