SPERPERA DENARO E NON MANTIENE I FIGLI: PADRE CONDANNATO.
Così i giudici ritenevano colpevole di violazione degli obblighi di assistenza familiare il padre che aveva dilapidato una disponibilità di denaro di oltre 200.000 euro e si ritrovava così non in condizione di versare quanto necessario per il sostegno ai figli. L’uomo non ci stava e ricorreva in Cassazione dove la sua difesa sosteneva fosse stato trascurato un dettaglio importante, ossia la mancanza di capacità economica del suo cliente che, a detta sua, versava in una persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
Tuttavia tale tesi non era particolarmente forte, i giudici infatti avevano già appurato che l’uomo sotto processo aveva i mezzi economici necessari per adempiere agli obblighi inerenti alla qualità di genitore, in quanto aveva ricevuto la somma di circa 220.000 euro a titolo di risarcimento danni ma per imprudenza o per precise scelte di vita, non aveva preservato il capitale di non modesta entità e in più non l’aveva nemmeno impiegato, nell’immediatezza della sua riscossione, in favore di tutti i suoi figli. Anche secondo la Cassazione, quindi, nella condotta dell’uomo era rinvenibile il margine di scelta volontaria, con conseguente esclusione della forza maggiore, che, invece, postulava un fatto imponderabile, esulante del tutto dall’azione del soggetto. L’inadempimento, penalmente sanzionato, maturava inesorabilmente mese per mese, pur avendo l’uomo avuto a disposizione una somma di ben 220.000 euro, dunque le presunte difficoltà economiche lamentate dall’uomo non erano comunque tali da giustificare l’inadempimento degli obblighi di assistenza familiare verso i figli. La Corte dichiarava inammissibile il ricorso.
Cass. pen., n. 462 del 5.1.2024
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