INDOSSA T-SHIRT CON IMMAGINE PARODISTICA DI AUSCHWITZ: CONDANNABILE.
L’episodio si verificava a Predappio a fine ottobre 2018, dove una donna prendeva parte alla manifestazione per la commemorazione del novantaseiesimo anniversario della marcia su Roma indossando una maglietta caratterizzata da un’immagine parodistica di Auschwitz parafrasando Disneyland, come un parco giochi, ossia “Auschwitzland”. La donna finiva sotto processo e l’accusa riteneva che la stessa avesse ostentato simboli propri di un’organizzazione avente tra i suoi scopi quello di incitare all’odio e alla discriminazione razziale. Questa visione veniva respinta dai giudici del Tribunale, i quali assolvevano la donna, precisando che nulla era stato riferito in giudizio sulla portata distintiva del segno grafico esibito sulla maglietta, sulla genesi della scritta “Auschwitzland” presente sulla maglietta, sull’uso che ne veniva fatto e sulla sua diffusione. Non vi era poi la prova della riferibilità del segno grafico ad una organizzazione attualmente esistente che diffondesse idee fondate sull’odio razziale. Il PM non ci stava e portava la vicenda in Cassazione, evidenziando che il campo di sterminio, ed in particolare l’immagine del suo ingresso, immagine riportata sulla maglietta, era diventato simbolo indiscusso dei gruppi nazifascisti che fondavano la propria ideologia dell’odio razziale e sull’apologia della Shoah. Non era, poi, corretto sostenere che si trattasse di un segno grafico privo di portata distintiva, per cui l’associazione col logo della Disney aveva un evidente carattere denigratorio, e la valenza simbolica di tale associazione derivava anche dal contesto in cui la maglietta era stata indossata. La norma penale punisce chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno come scopo l’incitare all’odio e alla discriminazione razziale. Secondo la Corte la contestazione formulata dal pubblico ministero alla donna era fondamentalmente non corretta. Ciò nonostante, però, la scritta ed il logo di Disneyland, modificato in quello di “Auschwitzland”, e con il profilo del castello delle favole modificato in quello dei cancelli del campo di concentramento, creavano una associazione di immagini e concetti che era denigratoria dell’evento storico conosciuto come Shoah. Tale comportamento poteva catalogarsi come istigazione alla discriminazione razziale, inoltre poteva sanzionarsi la condotta di chi propaganda idee fondate sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah e dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra. La Corte quindi rinviava al Tribunale per una nuova decisione.
Cass. Pen., n. 49346 del 12.12.2023
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