NEOSPLASIA AL SENO RADDOPPIATA: CONDANNATO IL MEDICO PER IL RITARDO DIAGNOSTICO.
Una donna vedeva la propria neoformazione al seno raddoppiata e, infine, asportata chirurgicamente, citava in giudizio il medico, poi condannato per lesioni personali perché programmò l’asportazione del nodulo in regime di routine e senza urgenza, così ritardando l’accertamento e la cura della malattia. Non c’erano dubbi secondo i giudici di merito: il ritardo diagnostico aveva provocato una lesione penalmente rilevante, perché da un lato rese necessaria la mastectomia in luogo della quadriectomia e dall’altro determinò un significativo accrescimento del nodulo mammario. La difesa dell’imputato si fondava prevalentemente sulla circostanza che la stadiazione del carcinoma e la terapia sarebbero rimaste immutate. Tuttavia i giudici ponevano in rilievo l’obiettivo e non contestato accrescimento dimensionale del nodulo, il quale configurava un aggravamento della malattia. Invero, la rilevante differenza dimensionale tra la prima ecografia e quella pre-intervento, era compatibile con l’elevatissimo indice di accrescimento delle neoplasie mammarie rilevabile in una donna di 35 anni, quale era la paziente. Nel caso di specie, posto che il nodulo di per sé era una malattia, lo era anche l’aumento delle sue dimensioni e l’aumento era legato alla mancata tempestiva diagnosi e intervento urgente, il medico era da considerarsi responsabile per non aver impedito l’aggravamento in questi termini. La vicenda giungeva in Cassazione, ove la la Corte, seppure solo ai fini civili, atteso che era intervenuta la prescrizione, chiariva che il decorso del tempo (due mesi) determinava una alterazione anatomica rilevante e vi era responsabilità del medico anche alla luce del fatto che la scienza medica sosteneva la necessità di una sollecita diagnosi delle patologie tumorali e che la prognosi variava a seconda della tempestività dell’accertamento.
Cass. pen., sez IV, sent. n. 40732 del 9.10.2023
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