L’ADOZIONE “MITE” DA PARTE DEI NONNI E’ POSSIBILE ANCHE QUANDO IL NIPOTE NON E’ ORFANO.
Il Tribunale per i minorenni di Roma aveva rigettato il ricorso volto ad ottenere l’adozione, da parte dei nonni materni, della nipote di cui erano già affidatari e di cui si prendevano cura dalla nascita. La minore era stata affidata inizialmente in via provvisoria, ed in seguito in via esclusiva, ai nonni materni; era stato nominato suo tutore il nonno ed era stata dichiarata la decadenza dalla responsabilità genitoriale dei genitori.
Anche la Corte d’Appello, però, rigettava l’impugnazione dei nonni, evidenziando che secondo la legge il minore poteva essere adottato da persone unite da vincolo di parentela fino al sesto grado, ma solo nel caso in cui l’adottando fosse orfano di padre e di madre. I nonni non ci stavano e ricorrevano in Cassazione. La Corte evidenziava che al caso di specie dovesse applicarsi l’istituto dell’adozione c.d. “mite” o aperta, per la quale non si richiede l’accertamento di uno stato di abbandono, ma l’assenso dei genitori, ove questi vi siano. Detta forma di adozione, infatti, non solo consente la persistenza dei legami con la famiglia d’origine, ma prevede una varietà di ipotesi particolari riconducibili a due fondamentali aspetti: valorizzare l’effettività di un rapporto instauratosi con il minore e la difficoltà o l’impossibilità per taluni minori di accedere all’adozione piena. Nel caso in esame, il consenso all’adozione della minore ultraquattordicenne era stato dato dalla stessa in udienza, e così anche quello della madre e del padre, mentre nel giudizio d’appello anche la curatrice della minore e il Pubblico Ministero avevano espresso parere favorevole all’accoglimento della domanda dei nonni. Inoltre, nell’esclusivo interesse della minore e nella ravvisata necessità di una sua più tutelante protezione, era stato decisivo prendere in considerazione il fatto che la madre della ragazza avesse tenuto in tempi recenti condotte irresponsabili, consistenti nell’essersi allontanata da casa e nell’essersi resa irreperibile per alcuni giorni, così causando grave turbamento alla figlia e al suo delicato equilibrio psicologico. La Corte accoglieva quindi il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione.
Cass. civ., sez. I, ord., 31 luglio 2023, n. 23173
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