OFFENDE IL CAPO CON UNA MAIL INVIATA ANCHE AI SUPERIORI: NON E’ REATO.
Un dipendente, stanco della condotta dell’amministratore, inviava una mail nella quale lamentava la gestione dell’impresa, evidenziando le inefficienze dell’amministratore. La comunicazione, oltre ad essere inviata al medesimo amministratore veniva indirizzata anche al presidente e al vicepresidente dell’azienda. La vicenda finiva davanti a giudice di pace prima e al Tribunale poi, i quali condannavano il lavoratore per il reato di diffamazione, ritenendo che nel caso di specie non potesse essere invocata la scriminante del diritto di critica a causa dell’intensità e della veemenza delle espressioni utilizzate. Il lavoratore non ci stava e ricorreva in Cassazione, dove la Corte accoglieva il ricorso. Nel caso di specie, il tenore della mail redatta dal dipendete della società, a parere del Collegio, non pareva aver superato i limiti dal momento che le espressioni utilizzate, se pur fortemente critiche nei confronti della persona offesa, non erano scurrili né gratuitamente offensive, ma piuttosto volte a criticare la gestione di quest’ultimo nell’impresa evidenziando quelle che, a parere del dipendente, erano delle marcate inadempienze o inefficienze nella gestione del distributore concesso in locazione. La Corte annullava quindi senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituiva reato.
Cass. pen. sez. V, n. 31729 del 20.7.2023
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