VIOLENZA SESSUALE: LA CORTE D’APPELLO DI TORINO HA INTERPRETATO IL GESTO DELLA RAGAZZA DI LASCIARE LA PORTA SOCCHIUSA COME UN INVITO AD OSARE, MA LA CASSAZIONE ANNULLA LA PRONUNCIA.
Quella della Corte d’Appello di Torino è indubbiamente una sentenza che ha fatto discutere. Nel luglio del 2022, infatti, i giudici piemontesi avevano assolto un ventenne che era stato accusato di violenza sessuale ed era già stato condannato in primo grado a due anni, due mesi e venti giorni di carcere, stabilendo che il fatto non costituiva reato per mancanza di elemento soggettivo. Nel caso di specie due amici si erano incontrati in un bar del centro storico dove avevano esagerato con gli aperitivi, lei si trovò ad essere “un po’ sbronza” e si fece accompagnare alla toilette dall’amico, lasciando la porta socchiusa. L’amico aveva interpretato questo comportamento come “un invito a osare” e sulla base di questa supposizione si era espressa la Corte d’appello di Torino che aveva assolto il ragazzo dall’accusa di violenza sessuale. Secondo i magistrati non era da escludere che la ragazza gli avesse dato delle speranze, creando una situazione che poi non seppe gestire poiché un po’ sbronza ed assalita dal panico. Nella sentenza di secondo grado si leggeva che l’imputato “non la abbandonò al suo destino” e “la sostenne”, forse per “la consapevolezza di non avere fatto niente di male”. Un punto controverso restava la rottura della cerniera, circostanza che, per quanto frutto “dell’esaltazione del momento”, non dimostrava, secondo i magistrati, il presunto abuso.
La Procura Generale non ci stava e presentava ricorso in Cassazione lamentando come non risultasse provata la mancanza di dissenso da parte della vittima. Riteneva, inoltre, illogica la motivazione nella parte in cui rilevava l’esistenza di un tacito consenso nelle circostanze per cui la ragazza si sarebbe recata in bagno dimenticando, per l’appunto, la porta socchiusa e chiedendo all’imputato di consegnarle dei fazzolettini, mantenendo quella porta sempre socchiusa. La Corte di Cassazione ha ritenuto la doglianza fondata, sottolineando che l’atteggiamento della persona offesa, poiché un po’ sbronza e incapace di gestire la situazione, non era di certo quello inteso dai giudici d’appello, così come lo stesso imputato sarebbe stato consapevole di aver equivocato la volontà della ragazza. La Corte annullava la sentenza della Corte d’Appello di Torino, con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della medesima Corte, evidenziando che nell’ipotesi in cui i giudici di secondo grado ritenessero di concludere il giudizio di riforma in senso assolutorio, saranno tenuti a strutturare la motivazione della propria decisione in maniera rafforzata, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte, ritenendo tale profilo mancante nella sentenza impugnata.
Cass. pen., sez. III, n. 15248 del 12.4.2023
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