LA FIGLIA DIVENTA INDIPENDENTE ECONOMICAMENTE: L’EX MOGLIE PERDE LA CASA CONIUGALE E SI VEDE NEGATO L’AUMENTO DELL’ASSEGNO DIVORZILE.
Una donna ricorreva all’autorità giudiziaria, lamentando di aver subito un danno quando la figlia aveva raggiunto l’indipendenza economica. In particolare, le era stato negato sia il diritto all’assegnazione della casa coniugale che un aumento dell’assegno divorzile.
In prima battuta il Tribunale dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra la donna e l’ex marito e riconosceva un assegno divorzile pari ad euro 350, dovuto dall’uomo all’ex moglie, così riducendo l’importo dell’assegno concordato in sede di separazione in euro 500. La donna non accettava quei 150 euro in meno e impugnava la decisione dinanzi la Corte d’Appello, chiedendo l’incremento dell’assegno divorzile nella misura di 1.100 euro.
I giudici rideterminavano l’assegno in 550 euro mensili, tenendo conto dell’importo riconosciuto alla donna in sede di separazione e del suo adeguamento al costo della vita. Ma la donna non era comunque contenta e arrivava fino in Cassazione, dove sosteneva che la misura dell’assegno divorzile fosse stata calcolata in modo errato, poiché, a suo dire, si era trascurato di considerare la perdita da lei subita del diritto all’assegnazione della casa coniugale e conseguenza della raggiunta indipendenza economica della figlia, poiché la casa coniugale rappresentava una utilità suscettibile di valutazione economica, perdendo l’assegnazione dell’abitazione aveva il diritto di vedere riparametrato in aumento l’assegno divorzile di cui era beneficiaria.
La Cassazione non era di questo avviso ed evidenziava che la revoca dell’assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell’assegno divorzile non giustificava l’automatico aumento di tale assegno, trattandosi di un provvedimento che aveva come esclusivo presupposto l’accertamento del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell’habitat domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell’autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario dell’immobile. La Corte rigettava dunque il suo ricorso.
Cass. civ, sez. I, ord., n. 9500 del 6.4.2023
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