EFFETTUA UN SORPASSO VIETATO E SI IMBATTE IN UN CANTIERE CON TOMBINO APERTO: NESSUN RISARCIMENTO DOVUTO DAL COMUNE.
Un veicolo nonostante il divieto di sorpasso, invadeva l’altra corsia ad alta velocità andando ad imbattersi in un cantiere dove si trovava un tombino aperto, la compagnia assicuratrice chiamava in causa il Comune per ottenere, in surrogazione dei diritti del conducente, il pagamento della somma di oltre 183.000,00 euro corrisposta ai terzi trasportati come risarcimento dei danni. L’azione della compagnia assicuratrice era fondata sul fatto che la presenza del cantiere era segnalata ai soli utenti provenienti dalla direzione opposta.
Il Tribunale rigettava però la domanda, e così anche la Corte d’Appello, sottolineando che il sinistro era da imputare esclusivamente alla condotta incauta dell’automobilista. La questione giungeva in Cassazione dove veniva innanzitutto ricordato che la responsabilità per cose in custodia postulava la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e la relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa. Perché vi sia responsabilità era necessario e sufficiente che il danno fosse stato cagionato dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa sicché il danneggiato aveva solo l’onere di provare l’esistenza di un idoneo nesso causale tra la cosa e il danno, mentre al custode spettava la prova che il danno non era stato causato dalla cosa ma dal caso fortuito nel cui ambito erano compresi, oltre al fatto naturale, anche quello del terzo e dello stesso danneggiato. Il Comune, in qualità di custode, non poteva certo prevedere l’altrui comportamento imprudente e contrario alle disposizioni del codice della strada, trattandosi di un evento imprevedibile ed inevitabile, idoneo quindi ad interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso. La Corte non poteva dunque che rigettare il ricorso, respingendo l’ipotesi di una responsabilità del Comune..
Cass. civ., sez. III, ord., n. 3739 dell’8.2.2023
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