SUONA RIPETUTAMENTE IL CLACSON SOTTO CASA DEL VICINO: CONDANNATA PER MOLESTIE.
Una donna passava con la propria automobile dinanzi la proprietà del vicino di casa, suonando ripetutamente e per lungo tempo il clacson. Il Tribunale non aveva dubbi, condannando la donna sotto accusa alla pena, condizionalmente sospesa, di 400 euro di ammenda, per avere per petulanza e per biasimevoli motivi, recato disturbo a un suo vicino di casa, suonando ripetutamente e ingiustificatamente, tanto di giorno che di notte, per 9 mesi, il clacson della propria autovettura in prossimità della abitazione del vicino. La donna veniva dunque obbligata a versare al vicino, costituitosi parte civile, un adeguato risarcimento, la stessa, infatti, aveva arrecato offesa alla privata quiete del vicino di casa e della famiglia di quest’ultimo. In Cassazione, però, il legale che rappresentava la donna contestava il reato e sosteneva fosse più corretto ipotizzare un mero illecito amministrativo, poiché il Codice della strada prevedeva che la violazione delle disposizioni concernenti l’uso dei dispositivi di segnalazione acustica fosse soggetta alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma che poteva andare da 42 euro a poco più di 170 euro. In aggiunta, poi, sosteneva che in ogni caso, la condotta contestata alla sua cliente costituisse, viste le caratteristiche della strada – curvilinea in prossimità dell’abitazione della persona offesa–, esercizio del diritto dell’automobilista, e, per questo, non punibile. Tutt’al più, se la condotta della sua cliente configurava un reato, era quello di disturbo della quiete pubblica, secondo il suo legale. La Cassazione però, anche con riferimento a quanto previsto dal Codice della Strada, ribadiva che la condotta della donna era precipuamente finalizzata ad arrecare disturbo o fastidio al vicino di casa e a turbarne la tranquillità e perciò non era catalogabile come mera trasgressione di una regola di guida, che considerava i rischi derivanti dalla circolazione stradale bensì andava letta come vera e propria molestia, poiché mirata a turbare la quiete e la tranquillità del vicino di casa. Non configurabile nemmeno il reato di disturbo della quiete pubblica poiché le ripetute e prolungate segnalazioni acustiche erano state poste in essere per petulanza e per biasimevoli motivi.
La Corte dunque confermava la condanna della donna.
Cass. pen., sez. I, n. 49268 del 27.12.2022
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