SENTENZA DEL GIORNO – 16.1.2023

da | Gen 16, 2023 | Uncategorized

TIENE IL CUCCIOLO DI CANE NELLO SPAZIO ANGUSTO DI UN GARAGE E SENZA LUCE: PADRONE CONDANNATO PER MALTRATTAMENTO DI ANIMALI.

Un uomo teneva un cucciolo di cane in uno spazio angusto di un garage, privo di luce e occupato da diversi oggetti ingombranti. I giudici del Tribunale ritenevano responsabile l’uomo per aver detenuto il cucciolo di cane, di circa tre mesi, in condizioni incompatibili con la natura dell’animale e produttive di grandi sofferenze, per tali motivi lo condannavano al pagamento di 1000 euro di ammenda. L’uomo non ci stava e ricorreva in Cassazione, il suo legale contestava la decisione del Tribunale, ponendo in evidenza, innanzitutto, la dichiarazione resa da un veterinario, che evidenziava l’ottimo stato di salute dell’animale, mancando, a suo dire, l’elemento oggettivo della produzione di gravi sofferenze, da intendersi quale lesione dell’integrità fisica dell’animale che, comunque, doveva desumersi da specifici elementi – non indicati – che dimostrassero una sofferenza subita dall’animale per un lasso di tempo rilevante. La Corte evidenziava che le dichiarazioni rese dal veterinario circa il buono stato di salute del cane non erano sufficienti per porre in dubbio la responsabilità penale del padrone, di fatti per legge, rilevavano tutte quelle condotte che incidevano sulla sensibilità psico-fisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione, compresi comportamenti colposi di abbandono e incuria. Nel caso di specie il cucciolo era detenuto in un locale chiuso, scarsamente illuminato, in uno spazio angusto (circa un metro quadro) di un garage, chiuso da rete metallica in mezzo ad oggetti ingombranti, con conseguente scarsa possibilità di movimento e in mezzo alle proprie deiezioni e senz’acqua, per essere stata, in quelle condizioni, rovesciata la ciotola, era dunque evidente la detenzione del cucciolo di cane in condizioni incompatibili con la sua natura e produttive di gravi sofferenze. Per quanto concerne, invece, la confisca dell’animale a seguito della condanna del padrone, secondo i giudici nel caso di specie doveva farsi riferimento alla ipotesi della confisca facoltativa, rientrando l’animale, oggetto dell’illecita detenzione, nel lato concetto di “cosa che servì o fu destinata alla commissione del reato”. Dunque, in tema di confisca facoltativa, la motivazione del provvedimento non poteva essere basata sul solo rapporto di asservimento del bene rispetto al reato, ma doveva anche riguardare la circostanza che il colpevole reitererebbe l’attività punibile se restasse nel possesso del bene, in quanto la misura, per la sua natura cautelare, tendeva a prevenire la commissione di nuovi reati. Era dunque necessaria una nuova pronuncia del Tribunale che tenesse conto del fatto che il cane, sequestrato ma lasciato in custodia al padrone, era stato da quest’ultimo detenuto, e cresciuto, per diversi anni, la Corte cassava la sentenza rinviando ai giudici del Tribunale per nuova decisione.

Cass. pen., sez III, n. 537 dell’11.1.2023

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