ADDITARE TALUNO COME “MENAGRAMO” PUO’ COSTARE UNA CONDANNA PER DIFFAMAZIONE.
La vicenda traeva origine dal titolo sulle pagine di uno storico quotidiano del Nord Italia, nel pezzo, regolarmente firmato dal giornalista, si racconta del rinvenimento di alcune lastre di eternit, effettuato da un’associazione ambientalista, e del conseguente allarme che ne era scaturito per la presunta contaminazione di alcune vicine coltivazioni. Il problema fondamentale era che nel titolo, il presidente dell’associazione ambientalista veniva additato come “menagramo di professione”. A questo punto l’uomo decideva di agire in giudizio ed otteneva, così, la condanna del direttore del quotidiano, che in secondo grado veniva sanzionato con 500 € di multa per non avere esercitato il controllo necessario ad impedire che, a corredo del pezzo redatto dal giornalista, venisse pubblicato il titolo recante l’espressione “menagrami di professione”. Il direttore del quotidiano non ci stava e ricorreva in Cassazione, tuttavia la sua tesi difensiva (secondo cui l’espressione “menagramo” non assumeva il significato di “iettatore”, ma di mero “profeta di sventura”) non era sufficiente per far cambiare idea alla Corte sulla condanna decisa dai giudici di merito. La Corte evidenziava, infatti, che l’espressione adoperata nel titolo non lasciava dubbi sulla sua concreta riferibilità anche al presidente, all’epoca, dell’associazione ambientalista, alla luce della correlazione con il contenuto del pezzo scritto dal giornalista. In questa ottica veniva richiamato il principio secondo cui in tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della individuazione del soggetto passivo non era sufficiente avere riguardo al titolo del pezzo diffamatorio ma era necessario estendere la disamina a tutto il complesso degli elementi topografici che concorrevano a comporlo. Nel caso di specie, la frase incriminata ha operato una generalizzazione che, ancorché destinata ad esprimere, secondo la prospettazione difensiva, la qualità di meri “profeti di sventura”, finiva, in termini gratuiti, per investire la reputazione dell’associazione e dell’allora presidente. Non poteva dunque giustificarsi, a questo punto, l’utilizzo dell’epiteto “menagramo” presentandolo come frutto dell’esercizio di un mero diritto di critica e, dunque, non poteva che confermarsi la condanna del direttore del quotidiano.
Cass. pen., sez. feriale, n. 48309 del 20.12.2022
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