OPERATORE DEL CALL CENTER VODAFONE INONDA DI PAROLE L’ANZIANA AL TELEFONO CHE CONCLUDE IL CONTRATTO SENZA VOLERLO: MULTATA L’AZIENDA.
Il figlio di un’anziana ultraottantenne segnalava al Garante per la Privacy la vicenda, dove la madre aveva stipulato un contratto via filo con l’operatore di un call center Vodafone, senza comprendere che cosa stesse contrattando, frastornata dal fiume di parole dell’operatore. Preso coscienza di quanto accaduto, la signora aveva chiesto il recesso dal contratto, ma si era ritrovata una richiesta di recupero spese, pari a 173,49 euro, inviatale da parte di una società su incarico di Vodafone. Secondo il figlio, Vodafone, nel corso del contatto telefonico finalizzato alla vendita non aveva posto in essere condotte regolari. Il Garante rilevava che le informazioni a disposizione e i documenti raccolti avevano confermato la versione della anziana signora, che aveva sempre negato di aver contattato autonomamente un call center di Vodafone per fornire il proprio consenso a un ricontatto a scopo promozionale. Era dunque palese l’impossibilità di ricondurre i trattamenti operati dalla società ad un idoneo consenso prestato dalla donna. Dall’esame della registrazione vocale della vendita del servizio di telefonia alla donna era emerso che l’operatore aveva sottoposto alla signora la seguente formula di consenso: “Nel rispetto della legge sulla privacy i dati personali raccolti durante la registrazione saranno utilizzati da Vodafone e comunicati ad altri operatori di telecomunicazioni per attivare il servizio da lei richiesto. Ci autorizza inoltre a trattare i suoi dati per inviare materiale pubblicitario su iniziative o offerte Vodafone tramite posta, e-mail, telefono, sms, mms, push notification, via app e invio con modalità similari”. Tale formula risultava difficilmente comprensibile, atteso che l’operatore era riuscito a pronunciare ben 63 parole nell’arco di 16 secondi, prevedendo l’acquisizione di un consenso indifferenziato e univoco, sia per le comunicazioni dei dati ad altri operatori telefonici, al fine dell’attivazione del servizio, sia per altre molteplici modalità di contatto della donna. La condotta di Vodafone nella vendita del servizio telefonico operata nei confronti della signora appariva lacunosa e giustificava la reazione della donna che, nonostante avesse ormai ottenuto dalla compagnia telefonica il ripristino della situazione previgente e lo storno degli addebiti per il recesso dal contratto, si era rivolta al Garante per la privacy per una questione di principio legata alla corretta declinazione del rapporto fra titolare e consumatore. Evidente, quindi, secondo il Garante, la responsabilità di Vodafone, che veniva sanzionata con una multa di 500mila euro.
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