TRAVOLTO E UCCISO DA UN’AMBULANZA: L’URGENZA DEL CONDUCENTE NON ESCLUDE LA SUA RESPONSABILITÀ.
Un pedone veniva travolto e ucciso da un’autoambulanza che procedeva ad alta velocità e a sirene spiegate verso l’ospedale, per condurvi un paziente in gravi condizioni. La figlia e i nipoti del defunto agivano, in primo grado, per ottenere il riconoscimento e la conseguente liquidazione dei danni patrimoniali e non, ottenendo il totale accoglimento delle loro richieste.
La sentenza veniva, però, impugnata dalla compagnia assicuratrice e dalla società proprietaria dell’autoambulanza ed in tale sede il contenuto della decisione veniva parzialmente riformato, con attribuzione di responsabilità maggioritaria al pedone, nella produzione del sinistro e conseguente riduzione proporzionale del risarcimento. Gli eredi non ci stavano e proponevano ricorso innanzi alla Corte di Cassazione.
La Corte innanzitutto chiariva che, in caso di investimento di un pedone avvenuto sulle strisce pedonali, da parte di veicolo adibito ad uno dei servizi di urgenza e in presenza delle condizioni per l’esonero dell’osservanza degli obblighi e dei divieti relativi alla circolazione stradale, trovava comunque applicazione la presunzione di piena responsabilità del conducente del veicolo investitore. Tale presunzione operava sempre, a meno che il conducente riuscisse a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare l’investimento, ma, data l’imprevedibilità della condotta del pedone e la situazione di concreta urgenza in cui si trovava, non aveva potuto evitarlo. L’esistenza di questa presunzione, tuttavia, non esonerava il pedone dall’obbligo di concedere precedenza a tali veicoli, come previsto dal Codice della Strada.
La Corte, con la pronuncia in esame, precisava un ulteriore principio di diritto, inerente la lesione del rapporto parentale col defunto. Affinché sussistesse, per gli eredi, un danno da lesione o perdita del rapporto parentale con il defunto, non era strettamente necessario che vi fosse un rapporto di convivenza fra loro, essendo sufficiente dimostrare, anche in via presuntiva, l’esistenza di rapporti effettivi di reciproco affetto o solidarietà familiare. La valutazione dell’intensità di tali rapporti e delle ricadute costituite dalla perdita degli stessi consentiva al giudice di operare la liquidazione in via equitativa, del relativo danno non patrimoniale.
Cass. civ., sez. III, ord., n. 21402 del 6.7.2022
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