L’INSTALLAZIONE DELL’ASCENSORE NEL CONDOMINIO E’ LEGITTIMA ANCHE SE IMPLICA UN MINIMO DISAGIO PER GLI ALTRI CONDOMINI.
Due condomine convenivano in giudizio gli altri proprietari dell’edificio, chiedendo che fosse accertato il loro diritto di installare, a proprie spese, un ascensore nella tromba delle scale. Costituendosi in giudizio, gli altri condomini eccepivano che l’edificio difettava di uno spazio idoneo ad alloggiare l’ascensore. Tribunale e Corte d’appello dichiaravano il diritto delle due condomine all’installazione dell’ascensore, in particolare era indispensabile ridurre la larghezza delle scale.
I condomini dissenzienti proponevano ricorso in Cassazione, contestando la decisione, per non avere la Corte d’appello considerato che l’ascensore non aveva i requisiti di legge, così come la scala residua, rispetto alla larghezza minima prescritta.
In primis, in tema di accessibilità degli edifici e di eliminazione delle barriere architettoniche, le prescrizioni tecniche dettate dal decreto ministeriale in ordine alla larghezza minima delle rampe delle scale (1,20 m), possono essere derogate mediante scrittura privata. In secundis, secondo la Corte, qualora un esborso relativo ad innovazioni non dovesse essere ripartito fra i condomini, per essere stato assunto interamente a proprio carico da uno di essi, trovava applicazione la disposizione generale dell’art. 1102 c.c., sull’utilizzo della cosa comune, che contemplava anche le innovazioni, per cui ciascun partecipante poteva servirsi della cosa comune, purché non ne alterasse la destinazione e non impedisse agli altri condomini di farne uguale uso, secondo il loro diritto, e poteva, perciò, apportare alla stessa, a proprie spese, le modificazioni necessarie a consentirne il migliore godimento. Nella specie l’installazione dell’ascensore sulle parti comuni era legittima, non ricorrendo una limitazione della proprietà degli altri condomini, incompatibile con la realizzazione dell’opera. Inoltre, dall’analisi delle fotografie dell’edificio gemello nel quale era stato già installato un impianto di ascensore identico a quello di cui al progetto prodotto dalle condomine, emergeva il beneficio che anche il condominio in oggetto ne avrebbero tratto, dall’altro lato emergeva che la posizione del vano ascensore avrebbe implicato un disagio veramente minimo nell’uso quotidiano della scala, tanto che una persona di corporatura media avrebbe potuto affrontarle con normale facilità, pur rimanendo precluso il contemporaneo passaggio di due persone, con la conseguenza che la limitata lunghezza delle rampe e le buone condizioni di luminosità, anche in presenza dell’ascensore, avrebbero ridotto al minimo il disagio che la riduzione dei gradini avrebbe comportato. Infine, la Corte, sottolineava che l’installazione di un ascensore su area comune funzionale allo scopo di eliminare delle barriere architettoniche o comunque di agevolare l’accesso alle proprie abitazioni, specie se poste ai piani alti, evitando di affrontare le scale, trattandosi di un diritto fondamentale che prescindeva dall’effettiva utilizzazione, conferiva comunque legittimità all’intervento innovativo, purché lo stesso fosse idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione. L’interesse all’installazione, nonostante il dissenso di alcuni condomini, era funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone versanti in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell’esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell’edificio da parte dei rispettivi utenti. Per tali ragioni la Corte dunque rigettava il ricorso.
Cass. civ., sez. II, ord., n. 19087 del 14.6.2022
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