NASCONDE LA PROPRIA STERILITA’ : IL MATRIMONIO E’ NULLO ANCHE PER LO STATO ITALIANO.
L’uomo aveva ottenuto la nullità del matrimonio in sede ecclesiastica, si rivolgeva alla giustizia italiana chiedendo il riconoscimento del provvedimento emesso dai magistrati ecclesiastici, sulla base del fatto che la moglie avesse dolosamente taciuto di essere afflitta da amenorrea con conseguente incapacità di procreare, problema scoperto dall’uomo solo dopo 6 anni dalla celebrazione del matrimonio. In particolare però, la Corte d’Appello rigettava la domanda e evidenziava che non poteva ignorarsi la stabilità della situazione giuridica riferibile al rapporto matrimoniale tra i due, confermata dal protrarsi dell’unione, formalmente per oltre cinque anni, ma sostanzialmente per oltre dieci, dal momento che la coppia aveva iniziato a convivere ben prima di sposarsi. Per i giudici d’appello, quindi, vi era palesemente una condizione di fatto che poneva la decisione canonica in contrasto con l’ordine pubblico italiano, vista e considerata la mancata considerazione, in sede canonica, del valore del rapporto matrimoniale in sé, non potendo quindi riconoscersi validità al pronunciamento dei giudici ecclesiastici, e perciò ritenere nullo per lo Stato italiano il matrimonio. Di diverso avviso la Cassazione, secondo la quale la prolungata convivenza come coniugi, dopo il matrimonio, non poteva rilevare come limite generale per la delibazione di sentenze ecclesiastiche che avessero accertato ipotesi di nullità del matrimonio previste come tali anche dall’ordinamento italiano.
Il vizio genetico accertato dal tribunale ecclesiastico atteneva nel caso concreto, all’errore essenziale del marito indotto da dolo della moglie: un errore sulle qualità personali della moglie stessa, da essa dolosamente taciute. In particolare, l’errore riguardava l’esistenza di una malattia tale da indurre la sterilità, e quindi da impedire, secondo quanto conforme alla sensibilità del marito, lo svolgimento della vita coniugale in un aspetto per lui essenziale (la procreazione).
La nullità del matrimonio era quindi possibile anche nella concezione del nostro ordinamento giuridico. Pertanto la Corte, cassava la sentenza, rinviando alla Corte d’Appello, dove i giudici avrebbero dovuto nuovamente pronunciarsi, tenendo però presente il principio fissato dai magistrati della Cassazione, secondo cui la convivenza come coniugi, pur essendo elemento essenziale del matrimonio in quanto rapporto, ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, e pur integrando una situazione giuridica di ordine pubblico italiano, non era ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico per vizi genetici del “matrimonio-atto” presidiati da nullità anche nell’ordinamento italiano.
Cass. civ., sez. I, ord., n. 17910 dell’1.6.2022
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