L’ASSICURAZIONE PER INFORTUNIO DEVE RISARCIRE ANCHE LA MORTE DA COVID 19.
Moglie e figli di un uomo deceduto per aver contratto il COVID-19 nel marzo 2020, in qualità di eredi agivano in giudizio contro la Compagnia di assicurazione con cui il de cuius aveva una polizza per infortunio/malattia e nella quale erano indicati quali beneficiari, in caso di morte dell’assicurato. Alla morte dell’assicurato, però, la Compagnia negava ogni indennizzo, sostenendo che la morte per COVID-19 non fosse riconducibile ad infortunio.
Gli eredi e beneficiari si rivolgevano al Tribunale di Torino, per ottenere il riconoscimento del diritto al risarcimento. Nel caso di specie, risultava pacifico che l’assicurato avesse regolarmente versato i premi (ed i suoi eredi avessero tempestivamente attivato la garanzia), mentre restava da accertare la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’indennizzo.
In seguito all’esperimento di consulenza tecnica d’ufficio si accertava che la morte dell’assicurato fosse effettivamente causata dall’infezione COVID-19. In seguito il Giudice aveva proceduto alla qualificazione dell’infortunio, secondo la definizione contenuta nelle Condizioni Generali di polizza, ossia “evento riconducibile ad una causa fortuita, violenta ed esterna”.
Più precisamente l’infezione rappresentava un fatto scaturito da causa “fortuita”, essendo assolutamente non volontario; peraltro, come ben sottolineato dal giudicante, nel marzo 2020, l’assicurato si era trovato “infetto” senza sapere in modo alcuno di cosa si trattasse e senza neppure avere idea di possibili comportamenti idonei a prevenire l’infezione.
In secondo luogo, la causa poteva considerarsi “violenta” in quanto, come precisato dal Consulente tecnico, il contatto col virus non era dilatato nel tempo ed era quindi paragonabile al più paradigmatico tra gli infortuni, ossia la ferita causata da un mattone che cade in testa; in ogni caso, non vi era dubbio che fosse violento stravolgimento della vita di colui che si ritrovava infetto.
Infine, la causa era sicuramente “esterna”, proprio perché il virus era estraneo al corpo umano e nello stesso si inseriva quale elemento esterno e disturbante. Nel corpo dell’assicurato non erano presenti altre infezioni di nessun genere e risultava provato che la morte fosse stata effettivamente causata dall’insufficienza respiratoria tipica dell’infezione pandemica, con quindi evidenza del nesso eziologico tra infezione e decesso.
In ragione dell’inedita situazione pandemica, per ciò che riguardava i criteri interpretativi, in casi di dubbio, le clausole di polizza che delimitavano il rischio assicurato, ove inserite in condizioni generali su modulo predisposto dall’assicuratore, dovevano essere intese nel senso sfavorevole all’assicuratore medesimo.
Non vi era alcun dubbio, quindi, sul diritto all’indennizzo per morte da COVID-19.
Trib. Torino, sez. IV, sent., 19 .1. 2022
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