EMOTICON OFFENSIVA CARATTERIZZA IL POST FACEBOOK: CONDANNATO L’AUTORE.
La vicenda giudiziaria nasceva dallo scontro via Facebook tra un avvocato e un consigliere comunale, la lite era connessa all’attività professionale dell’avvocato e all’operato politico-amministrativo del consigliere comunale. In particolare il post Facebook del 2019 era caratterizzato da una emoticon raffigurante un escremento. Quest’ultimo dettaglio caratterizzava le critiche forti rivolte dall’allora consigliere comunale all’avvocato, ed era rimasto on line fino ai primi giorni di febbraio del 2020, quando veniva rimosso su ordine del giudice.
L’avvocato, però, aveva continuato a lamentare di essere stato offeso, chiedendo un risarcimento quantificato in 25.000 euro, mentre il consigliere comunale sosteneva che l’emoticon non andasse considerata lesiva della dignità del legale, non essendo a quest’ultimo rivolta. Il Tribunale da un lato sosteneva che il post contestato, scritto dal consigliere comunale, fosse espressivo del diritto di critica, ma, dall’altro, riteneva denigratoria l’emoticon riproducente un escremento.
Dalla lettura e dalla visione complessiva del post emergeva che l’emoticon non qualificava in sé e per sé la persona dell’avvocato ma tuttavia era apposta quale attributo qualificante posizioni assunte dal legale, attributo gratuitamente offensivo, che superava il limite della continenza, poiché la critica sull’operato del legale si sarebbe potuta esprimere, anche con toni pungenti, senza ricorrere ad immagini di dileggio, superflue rispetto al diritto di manifestare il proprio disappunto o disaccordo. La considerazione secondo cui era oramai invalso nella prassi dei social network e nella messaggistica via smartphone l’uso di emoticon a fini di brevità ed incisività della comunicazione non toglieva che il loro utilizzo dovesse sottostare comunque ai limiti in generale previsti per il diritto di critica e di manifestazione del pensiero (verità, continenza e utilità sociale), tesi a tutelare i diritti altrui. Potendo dunque ritenersi leso il diritto dell’avvocato alla reputazione, con conseguente danno morale.
Per la quantificazione del risarcimento, data la diffusione del post e il fatto che il consigliere comunale, impegnato nell’attività pubblica, fosse persona nota, con un profilo social seguito da molte persone, e che altresì il legale fosse persona nota per l’impegno professionale e per l’attività prestata nelle associazioni animaliste, senza dimenticare, poi, che i confini della continenza erano stati oltrepassati limitatamente all’apposizione dell’emoticon riproducente un escremento, nell’ambito di un post discorsivo di più ampio contenuto e che il post, completo di emoticon, fosse rimasto pubblicato per poco più di un mese, l’offesa veniva ritenuta di tenue gravità e il risarcimento in favore del legale veniva fissato in 1.000 euro. Con l’obbligo per il consigliere comunale di pubblicare sul proprio profilo Facebook, per sette giorni consecutivi, la notizia della condanna emessa dal Tribunale di Verona.
Trib. Verona, sez. I, sent., n. 107 del 24.1.2022
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