Un dirigente d’azienda effettuava viaggi all’estero non autorizzati, in compagnia di una persona estranea all’organico aziendale, ed in seguito veniva licenziato.
Il dirigente, ricorreva all’autorità giudiziaria per far dichiarare illegittimo il licenziamento subito e per farsi riconoscere l’ammissione al passivo nei confronti della società, ora in amministrazione straordinaria, per crediti di lavoro che includevano 432.000 euro per indennità supplementare, 158.000 euro per indennità sostitutiva del preavviso, 10.000 euro per differenze sul trattamento di fine rapporto e 22.000 euro per ulteriori crediti lavorativi.
Il Tribunale fallimentare riteneva, però, che le pretese avanzate dal dirigente fossero prive di fondamento, poiché andava riconosciuta la giustezza del licenziamento deciso dall’azienda. La vicenda finiva in Cassazione, dove i Giudici confermavano la legittimità del licenziamento.
I Giudici della Cassazione ritenevano decisivi, però, non i rimborsi spese, che comunque avevano comportato un danno non trascurabile per l’azienda e superiore ai 4000 euro, quanto la pacifica circostanza che quei rimborsi avessero riguardato alcuni viaggi all’estero non autorizzati effettuati dal dirigente e per giunta in compagnia di persona non facente parte dell’organico aziendale.
Per i Giudici, quindi, c’erano tutti i presupposti per una giusta causa di recesso, poiché i comportamenti tenuti dal dirigente erano sufficienti a ritenere rotto in modo irrimediabile il vincolo fiduciario tra azienda e dirigente. Di conseguenza, era da ritenersi corretto il respingimento della domanda di ammissione al passivo presentata dal dirigente e relativa a oltre 610.000 euro di crediti di lavoro.
Cass. civ., sez. lav., ord., n. 31333 del 3.11.2021
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