SE IL DIPENDENTE SI RIFIUTA DI SVOLGERE UN COMPITO PERICOLOSO NON E’ SANZIONABILE.
Due macchinisti di Trenitalia venivano sanzionati dall’azienda con la sospensione per tre giorni dal lavoro e dalla retribuzione per essersi rifiutati, pur dopo averne ricevuto ordine scritto, di condurre un treno adibito al trasporto merci con il servizio di equipaggio misto cioè con a bordo soltanto un ‘Tecnico Polifunzionale Cargo’, in assenza di un altro macchinista o di un agente abilitato alla guida. I due lavoratori, convinti della legittimità del loro rifiuto, impugnavano il provvedimento e nonostante l’opposizione dell’azienda, Tribunale e Corte d’Appello davano loro ragione, cancellando la sanzione applicata ai due macchinisti, ritenendo legittimo il rifiuto opposto dai due all’ordine ricevuto, poiché quel rifiuto era motivato da un problema di sicurezza.
L’azienda ricorreva in Cassazione e sosteneva che ai due lavoratori andasse addebitato un ingiustificato inadempimento contrattuale, non avendo dato prova dell’effettiva pericolosità di un servizio ad equipaggio misto, modulo accettato qualche mese dopo i fatti, anche dall’organizzazione sindacale di appartenenza dei due lavoratori, e senza che alcuna modifica o ulteriore misura di sicurezza fosse introdotta.
La Cassazione non si lasciava però convincere dalla tesi difensiva, ribadendo la legittimità del comportamento tenuto dai due macchinisti. Il datore di lavoro era obbligato ad assicurare condizioni di lavoro idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni e, in particolare, era tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. La violazione dell’obbligo di sicurezza legittimava i lavoratori a non eseguire la prestazione.
Non poteva configurarsi un illecito disciplinare a fronte della decisione presa dai due macchinisti, anche alla luce della responsabilità penale del macchinista per l’evento lesivo eventualmente occorso in una situazione di fatto caratterizzata da pericolo per la sicurezza dei trasporti e l’incolumità di terzi, derivante dall’avere ottemperato ad una direttiva che lo stesso contratto collettivo gli consentiva di non osservare.
La Corte rigettava dunque il ricorso.
Cass. civ., sez. lav., ord., n. 28353 del 15.10.2021
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