IL FUMATORE INCALLITO E’ IL SOLO RESPONSABILE PER I DANNI SUBITI A CAUSA DEL FUMO.
Un accanito fumatore a seguito della diagnosi di un tumore polmonare provocatogli dal fumo di combustione di sigarette, adiva il Tribunale di Roma chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Il Tribunale condannava l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli al pagamento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali a favore dell’uomo
In secondo grado, la Corte d’Appello di Roma non condivideva la pronuncia del Tribunale, poiché, perché vi fosse un accertamento della responsabilità civile, era in primis necessario verificare l’esistenza del nesso causale tra quello che si assumeva essere il comportamento potenzialmente dannoso ed il danno che si assumeva esserne derivato. Verificata la mancanza del nesso causale non aveva più alcuna rilevanza né l’accertamento di un’eventuale colpa, né l’accertamento di un’eventuale responsabilità speciale.
Nel caso in esame, l’uomo aveva cominciato a fumare vent’anni prima dell’insorgere della malattia, convinto che la dicitura “light” di alcune sigarette comportasse un’apprezzabile attenuazione della potenzialità nociva delle componenti del prodotto, che sarebbe stata assicurata da una riduzione quantitativa e non qualitativa dei principi attivi più pericolosi, ed incentivato, a suo dire, dalla pubblicità di queste sigarette, a consumarne fino a 30 al giorno.
La Corte sosteneva però irrilevante che la pubblicità delle sigarette “light” avesse indotto l’uomo a fumare quella grande quantità di sigarette giornaliere e, inoltre, in Italia si era al corrente già dagli anni ’70 della pericolosità e delle conseguenze dannose alla salute provocate dal fumo. Non potendosi nemmeno sostenere che la nicotina annullasse la capacità di autodeterminazione del soggetto, “costringendolo” a fumare, senza possibilità di smettere, dai due ai quattro pacchetti al giorno. E, quindi, non poteva che escludersi l’esistenza del nesso causale tra il tumore e il consumo delle sigarette “light”, aumentato nel tempo.
Secondo la Corte d’appello di Roma, dunque, uno smisurato consumo giornaliero di sigarette era sufficiente ad escludere ogni responsabilità per i danni alla salute del fumatore.
App. Roma, sez. I, sent., n. 3376 del 6.5.2021
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