TELEFONATE E CITOFONATE CONTINUE CHE INFASTIDISCONO IL DESTINATARIO: E’ MOLESTIA
Il Tribunale condannava un uomo a 350 euro di ammenda e a risarcire la persona offesa con 2500 euro, ritenendolo colpevole di avere, per petulanza e, comunque, per biasimevole motivo, recato molestia e disturbo a un suo conoscente mediante numerose telefonate notturne mute e mediante il suono del citofono in varie ore del giorno e della notte.
La vicenda finiva in Cassazione, la quale confermava la decisione del Tribunale, ritenendo decisiva l’attendibilità della persona offesa che aveva ricostruito i fatti in modo coerente, preciso e completo, senza lacune o contraddizioni che potessero inficiare il suo narrato e che aveva dichiarato di avere visto dal balcone il suo conoscente scappare dopo avere effettuato una citofonata e di averne riconosciuto la voce nel corso di una telefonata eccezionalmente non muta. L’accertamento della provenienza delle molestie telefoniche dall’utenza dell’imputato era stato basato sulle precise dichiarazioni della persona offesa, nonché di quelle di un maresciallo a cui la persona offesa aveva riferito il numero da cui provenivano le telefonate, risultato essere quello dell’utenza intestata all’uomo sotto processo, e quest’ultimo aveva ammesso di avere fatto qualche citofonata, anche se non aveva mai avuto alcun intento di molestare il suo conoscente.
Alla luce del principio secondo cui il reato di molestia non era necessariamente abituale, per cui poteva essere realizzato anche attraverso una condotta di disturbo o molestia, purché ispirata da biasimevole motivo o avente il carattere della petulanza, che consisteva in un modo di agire pressante e indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri, la Cassazione riteneva legittima la condanna e rigettava il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 21855 del 3.6.2021)
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