LA RECINZIONE NON E’ FISSATA E IL PITBULL RIESCE AD AZZANNARE UN CANE E IL SUO PADRONE: CONDANNATA LA SUA PADRONA.
A causa della recinzione non fissata al muretto il pitbull riesce ad affacciarsi sulla strada, azzannare un barboncino a spasso col proprio padrone, trascinarlo all’interno del terreno della sua padrona e, assieme ad altri cani feroci, sbranarlo. Inutile il tentativo di salvataggio operato dal padrone del cagnolino che non riusciva a salvare il suo cane ed anzi veniva a sua volta morso.La padrona del pitbull finiva sotto processo e veniva ritenuta colpevole sia in primo che in secondo grado e condannata per le lesioni colpose arrecate nei confronti del padrone del barboncino e obbligata anche a risarcire l’uomo per i danni da lui patiti. La dinamica dei fatti era inequivocabile: il pitbull sportosi fuori dalla proprietà della donna, dopo essersi affacciato con il muso sotto la recinzione a maglie, che era solo appoggiata sopra il muretto di confine di laterizi di circa 30 centimetri di altezza e comunque non fissata, aveva azzannato il cagnolino e lo aveva trascinato all’interno della proprietà, dove era stato sbranato dal pitbull e dagli altri cani feroci presenti nell’area privata della donna. In quegli attimi l’uomo aveva tentato di salvare il proprio cane, infilando le braccia sotto la rete, all’interno della proprietà della donna, ed era stato morso alle braccia dai cani. Secondo i giudici la donna avrebbe dovuto evitare le aggressioni da parte degli animali. Essendo quindi evidente la mancata adozione da parte sua, in qualità di proprietaria sia dei cani che del terreno ove gli animali si trovavano, delle opportune cautele per impedire ai quadrupedi di arrecare danni.La Cassazione respingeva ogni obiezione difensiva, sottolineando che il pitbull non era uscito da un foro ma si era infilato sotto la rete, solo appoggiata sul muretto e non fissata, ciò era stato certificato sia da fotografie che testimonianze, provenienti da testimoni come i carabinieri e i passanti che hanno assistito direttamente ai fatti. In tema di omessa custodia di animali, al fine di escludere la colpa, consistente nella mancata adozione delle dovute cautele, non era sufficiente che l’animale fosse tenuto in un luogo privato e recintato, ma era necessario che tale luogo fosse idoneo a evitare che l’animale possa sottrarsi alla custodia o al controllo. La Corte, quindi, dichiarava inammissibile il ricorso. (Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 11093 del 23.3.2021)
0 commenti