CONTINUE VESSAZIONI ALL’EX MOGLIE: CONDANNATO
Una coppia era divorziata da tempo ma obbligata a vivere sotto lo stesso tetto per via della difficoltà della donna a trovare una sistemazione. La donna veniva sottoposta ad un sistema di vessazioni attraverso ingiurie, minacce e condotte intrusive nella sua vita privata cagionandole lesioni. I Giudici escludevano la condanna dell’uomo per l’accusa di violenze sessuali ai danni dell’ex moglie ma ritenevano invece legittima la sanzione penale per i comportamenti violenti, vessatori e mortificanti da lui tenuti verso la donna per un lungo periodo di convivenza. A rendere più grave la posizione dell’uomo, poi, anche il riconoscimento del reato di lesioni compiuto in due occasioni ai danni dell’ex moglie.
La Cassazione confermava la visione dei giudici di merito e si rivelava fondamentale il riferimento all’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte lesa, sposata con l’uomo ma da questi divorziata in seguito alla corrispondente pronuncia del giudice, pronuncia alla quale, però, non era stata data esecuzione, essendo proseguita la convivenza familiare assieme al figlio minore della coppia. Le dichiarazioni venivano avvalorate dai referti medici e dalle dichiarazioni rese dall’assistente sociale che ha seguito il percorso di allontanamento della donna dalla casa coniugale.
In sostanza, ci si trova di fronte a una piattaforma probatoria significativa e concludente sul sistema di convivenza familiare che la donna ha subito fino alla determinazione di lasciare la casa comune e cercare riparo in un centro di assistenza per donne vittime di violenza. Emergeva chiaramente il carattere violento dell’uomo e la situazione di paura in cui la persona offesa ha vissuto, frutto anche delle minacce di morte e di portarle via il figlio minore fattele dall’ex marito.
Legittima dunque la condanna inflitta all’uomo, che con reiterati comportamenti violenti, inutilmente vessatori e mortificanti protrattisi nel lungo periodo della convivenza ha ingenerato nell’ex moglie un continuo stato di timore per la propria incolumità. Tali elementi si rivelavano sufficienti per ritenere acclarato il reato di maltrattamenti in famiglia.
(Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 14582 19.4.2021)
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