RUBA UNA FOTO PER USARLA SUL SUO PROFILO SOCIAL: CONDANNATO.
Un uomo si iscriveva a Badoo, un sito web di incontri, e per creare il suo profilo utilizzava la foto di un’altra persona scaricata da Google. Una volta scoperto veniva condannato in primo e in secondo grado per sostituzione di persona e illecito trattamento di dati personali. Inoltre, l’uomo veniva condannato a risarcire i danni subiti dalla persona a cui era stata rubata la foto, assolutamente inconsapevole del fatto che la sua immagine fosse stata utilizzata in maniera abusiva.
In Cassazione, la difesa provava a ricostruire la faccenda e a minimizzare la condotta, dichiarando che l’utilizzo di più foto di persone diverse da parte sua ne dimostrava l’intento decorativo e aggiungeva che difettava l’evento del reato, in quanto nessuno era stato indotto in errore. A detta della difesa, quindi, non era configurabile il reato di sostituzione di persona o alcuna violazione della privacy dell’interessato data la facilità di reperire la stessa su Google.
Tuttavia, secondo i Giudici della Cassazione integrava il delitto di sostituzione di persona la condotta di colui che creava ed utilizzava un profilo su un social network servendosi abusivamente dell’immagine di un diverso soggetto inconsapevole, in quanto idonea alla rappresentazione di un’identità digitale non corrispondente al soggetto che ne aveva fatto uso; inoltre, si ribadiva che il danno subito dal terzo la cui immagine era usata abusivamente era rappresentato dal fatto che altri venissero tratti in inganno e credessero che quest’ultimo fosse disponibile a ricevere comunicazioni a sfondo sessuale o sentimentale.
I Giudici precisavano anche che trattare illecitamente i dati personali altrui significava anche esporli agli utenti di un altro social network, utilizzandoli abusivamente su una piattaforma diversa da quella sulla quale il titolare ha pubblicato la propria immagine, non potendosi considerare la stessa un luogo virtuale pubblico. Pertanto, la Cassazione rigettava il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 1206 del 30.3.2021)
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