
CONDANNATA LA PROPRIETARIA DI UN ALLEVAMENTO PER LE CONDIZIONI IN CUI TENEVA 32 CANI.
In Umbria, a seguito di un controllo da parte dei carabinieri ad un allevamento, venivano alla luce le gravi condizioni in cui venivano tenuti 32 cani. Gli animali vivevano in una struttura priva di aerazione e per questo eccessivamente umida, stipati in nove box inidonei a garantire un adeguato ricambio d’aria e incompatibili con la loro natura. I cani, inoltre, risultavano anche affetti da patologie dovute all’inadeguatezza della struttura. Alla luce dei fatti, la donna veniva punita con una multa di 4000 €. La titolare ricorreva in Cassazione denunciando l’erroneità dei ragionamenti dei Giudici del Tribunale, in particolare con riferimento alla riconducibilità delle patologie dei cani alle condizioni dell’allevamento e dichiarava che gli animali fossero costantemente sottoposti a controlli da parte del veterinario. Tuttavia, i Giudici ritenevano solido e completo il quadro probatorio delineato dai controlli effettuati dalle forze dell’ordine, grazie ai quali emergeva che i box fossero privi di porte e finestre. Ad aggravare la posizione della donna anche il resoconto fornito dal veterinario, dal quale risultavano patologie, come dermatiti e alopecia, ormai molto diffuse e riconducibili all’ambiente degradato in cui erano custoditi gli animali. Alla luce di queste motivazioni, i cani venivano sequestrati alla donna e restituiti solo mesi dopo, a fronte dei lavori di adeguamento della struttura e dopo aver curato tutti gli animali malati.
Per la Cassazione, l’inadeguatezza dei locali e le patologie diagnosticate dal veterinario erano sufficienti a dichiarare la responsabilità penale della donna, stante il nesso di causalità tra la sua condotta e le malattie contratte dagli animali.
(Corte di Cassazione, 1.4.2021)
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