CONDUCENTE UBRIACO E DROGATO ALLA GUIDA: CONDANNATO PER LA MORTE DELLA PASSEGGERA ANCHE SE NON AVEVA LA CINTURA DI SICUREZZA.
Tribunale e Corte d’Appello concordavano sulla condanna del conducente per omicidio stradale, avendo provocato alla guida della propria autovettura ed in stato di ebbrezza alcolica nonché di alterazione psicofisica derivante dal pregresso uso di cocaina, la morte di una donna, presente come passeggero sul veicolo e posizionatasi sul sedile anteriore destro. La Corte d’Appello concedeva una riduzione di pena all’uomo, avendo riconosciuto che il decesso della donna non era esclusivamente addebitabile alla sua condotta, non avendo la donna indossato la cintura di sicurezza. Su tale comportamento della donna si basava anche il ricorso in Cassazione instaurato dal difensore del conducente, il quale chiedeva un’ulteriore riduzione della pena, sostenendo che i giudici di merito avessero trascurato di considerare come concausa dell’evento mortale la circostanza che la vittima non indossasse la cintura di sicurezza.
La Corte, invece, inchiodava il conducente alle sue responsabilità, facendo riferimento alle plurime violazioni di regole cautelari e specifiche, commesse dall’uomo e decisive nel determinismo causale del sinistro e dell’evento letale, cioè guida in stato di ebbrezza e di alterazione da sostanze stupefacenti e velocità elevata. Inoltre, il conducente era tenuto a controllare, prima di iniziare o proseguire la marcia, che questa avvenisse in conformità delle normali regole di prudenza e di sicurezza, esigendo che il passeggero indossi la cintura di sicurezza fino a rifiutarne, in caso di sua renitenza, il trasporto o ad omettere l’intrapresa della marcia, essendo dunque in parte anche sua responsabilità l’omesso utilizzo della cintura. Non si poteva dunque discutere la pena prevista dalla Corte d’Appello, e si dichiarava dunque inammissibile il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 9760 dell’11.3.2021)
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