SOTTRAE IL CELLULARE ALLA MOGLIE IN CERCA DI PROVE DI UN TRADIMENTO: E’ RAPINA.
Un uomo sottraeva con forza il cellulare dalle mani della moglie da cui era separato, alla ricerca delle prove di un presunto tradimento. Il Gip del Tribunale e i Giudici d’Appello ritenevano evidente la colpevolezza dell’uomo per rapina e lesioni in danno della moglie. Individuato l’ingiusto profitto nella volontà del marito di controllare il telefonino per trovare traccia di un tradimento della moglie, ma col ricorso in Cassazione l’avvocato dell’uomo ribatteva che vi era il diritto del suo cliente di ricercare le prove di un fatto relativo alla violazione del dovere civilistico di fedeltà legato al vincolo matrimoniale. La Cassazione confermava, però, la colpevolezza dell’uomo, ritenendo improponibile la tesi difensiva della liceità dell’impossessamento del telefono della moglie sulla base di una sorta di consenso tacito derivante dalla convivenza. L’impossessamento del telefono contro la volontà della donna integrava una condotta antigiuridica, e l’ingiusto profitto consiste nell’indebita intrusione nella sfera di riservatezza della vittima, con la conseguente violazione del diritto di autodeterminazione, che non ammette intrusione da parte di terzi e nemmeno del coniuge, chiariscono i Giudici. Legittimo parlare di rapina, poiché il profitto può concretarsi in ogni utilità, anche solo morale.
La Corte dichiarava inammissibile il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 8821 del 4.3.2021)
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