GUARDIA GIURATA SI METTE IN MALATTIA MA POI SI ESIBISCE COME DJ: LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO.
Una guardia giurata dipendente di un istituto di vigilanza, veniva beccato ad esibirsi come DJ una prima volta nelle ore serali di una giornata di malattia e in un’altra occasione nelle ore serali e notturne di una giornata in cui avrebbe dovuto prestare servizio ma aveva fruito di un permesso per prestare assistenza alla consorte invalida (in realtà utilizzato per garantire la programmata prestazione di DJ nelle prime ore del mattino e sottrarsi al turno che egli avrebbe dovuto sostenere poche ore dopo). La società riteneva il comportamento del dipendente inaccettabile, licenziandolo. Il tribunale in primo grado non riteneva il licenziamento legittimo, ma la Corte d’Appello dinanzi la quale la società aveva impugnato la decisione, concordava invece con la datrice di lavoro, dichiarando la legittimità del licenziamento adottato nei confronti del lavoratore, ponendo in evidenza che l’attività di DJ era svolta dall’uomo in modo non occasionale, poiché impegnato tutti i venerdì e sabato in orari serali e notturni e, soprattutto, in modo incompatibile con le mansioni svolte spesso in turni in fascia oraria 6-14, in quanto pregiudicante i requisiti soggettivi psico-fisici richiesti per lo svolgimento delle funzioni di guardia giurata, con pericolo di danno all’incolumità propria e di terze persone e per i beni sottoposti a vigilanza. Tra l’altro il sintomo dichiarato in occasione di un’assenza (vertigini) attestava uno stato di alterazione incompatibile con lo svolgimento di attività di DJ nella notte di Halloween, in presenza di giochi di luce, ambiente caotico, assenza di sonno, elevato volume, movimenti convulsi, contesto tale da esporre il lavoratore ad aggravamenti. Alla luce di ciò era evidente la violazione degli obblighi di correttezza e buonafede, oltre che degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà compiuta dal lavoratore, anche tenendo presente il verosimile pregiudizio che l’attività esterna da DJ recava alla guarigione, oltre a possibile ritardo al rientro in servizio. Inutile il ricorso in Cassazione dell’uomo, i Giudici confermavano infatti la legittimità del licenziamento, lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configurava la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buonafede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna fosse, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia potesse pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio. La Corte quindi non poteva che rigettare il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza n. 4876 del 23.2.2021)
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