CON LA SCUSA DELL’UTILIZZO DEL BAGNO ENTRA A CASA DELLA ZIA ANZIANA E PORTA VIA IL BANCOMAT: E’ FURTO IN ABITAZIONE
Tribunale e Corte d’Appello riconoscevano la colpevolezza dell’uomo, riconoscendogli il reato di furto in domicilio, essendosi egli impossessato di un bancomat e del relativo pin, sottratti dalla camera da letto di una anziana zia presso la cui abitazione accedeva chiedendo di usufruire del bagno. La difesa dell’uomo ricorreva in Cassazione, sostenendo fosse illogico parlare di furto in abitazione e ribadendo che il suo cliente avesse avuto il consenso all’accesso in casa della persona offesa, che anzi lo ha invitato a pranzo, invito rifiutato dal giovane che, però, aveva chiesto di usufruire del bagno di casa. La Cassazione sosteneva che la ricostruzione dei fatti avvenuta tra primo e secondo grado poneva in evidenza la prova di un preordinato disegno dell’uomo, proteso ad un ingresso nell’abitazione della persona offesa finalizzato alla sottrazione di beni ivi presenti. L’introduzione era, dunque, stata condizione necessaria per il compimento del reato, e quindi doveva respingersi l’ipotesi di un occasionale rinvenimento degli altrui beni, occorso successivamente all’ingresso nell’altrui domicilio. Essendo emerso, inoltre, che l’uomo si era presentato a casa dell’anziana zia, ottenendo il consenso ad accedere all’interno dell’abitazione, per utilizzare il bagno, poi uscendone di lì a qualche minuto, dicendo di avere un appuntamento, e che l’introduzione dell’uomo nell’abitazione era avvenuto non con l’intenzione di fare una visita di cortesia, ma, avendo astutamente carpito il consenso della anziana zia, fu chiaramente preordinata alla commissione del furto, era dunque legittima la condanna per furto in abitazione, alla luce del principio secondo cui integrava il reato di furto in abitazione la condotta di colui che si impossessasse di beni mobili mediante l’introduzione nell’abitazione del soggetto passivo a seguito di consenso di quest’ultimo carpito con l’inganno.
La Corte rigettava dunque il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 1167 del 13.1.2021)
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