BLOCCATO IN AUTO DAI SUOI RAPINATORI: RICONOSCIUTO ANCHE IL REATO DI MINACCIA.
Per la rapina messa a segno due uomini venivano condannati sia in primo che in secondo grado, uno dei due ricorreva in Cassazione, volendo dimostrare l’assenza della minaccia nella condotta tenuta nei confronti della vittima. La sua difesa, difatti, sosteneva che non potesse sostenersi la sussistenza della presenza della minaccia facendo riferimento solo ad un generico atteggiamento minaccioso posto in essere ai danni della persona offesa. La Corte, sottolineava, però, che la minaccia costitutiva del reato di rapina, oltre che essere palese, esplicita e determinata, poteva essere manifestata in modi e forme differenti, ovvero in maniera implicita, indiretta ed indeterminata, essendo solo necessario che fosse idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa operava. Nel caso di specie aver avanzato alla persona offesa la richiesta di consegnare il portafoglio in modo improvviso e alla presenza di entrambi i rapinatori che agivano in maniera coordinata, tanto che la vittima si era trovata bloccata in auto tra i due rapinatori, al buio e in un luogo che per l’ora notturna non era frequentato, erano elementi logicamente idonei a dare concretezza all’atteggiamento minaccioso di cui riferiva la vittima, date le circostanze di tempo e di luogo, si poteva riconoscere l’esistenza di una situazione di obiettivo pericolo per la incolumità della vittima, non potendosi dunque ricondurre la valenza di tali elementi ad una mera funzione aggravante del reato, in quanto non solo rendevano più agevole l’impossessamento dei beni della vittima, ma avevano inciso anche sua sulla libertà di autodeterminazione.
La Corte dichiarava dunque inammissibile il ricorso.
(Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 35877 del 15.12.2020)
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